Il successo del progetto premia l’intuizione dell’Editore e del suo Consigliere scientifico: l’argomento Israele si porta. L’attualità preme e freme, il lettore e l’ascoltatore hanno la legittima curiosità di conoscere l’antefatto, e nel libro c’è, e la prospettiva.
La prospettiva è fosca. Anziché dipanarsi, la vicenda si aggroviglia con nuove crisi a rinvigorire l’iniziale.
Tutto cominciò il 7 ottobre 2023. Inutile ripercorrere qui cosa accadde in autunno, il ricordo ci viene rinnovato dai superstiti e dalle famiglie degli ostaggi. Da allora la rappresaglia di Israele è stata così pesante da provocare oltre 40.000 vittime in campo palestinese. Il bilancio è destinato tristemente a crescere con il continuare delle operazioni militari a Gaza.
Se non bastasse, le eliminazioni mirate di dirigenti di Hamas a Teheran e di Hezbollah in Libano hanno infiammato i fronti nord con l’Iran e Ovest con il Libano.
Dalla Teheran del nuovo Presidente Pezeshkian si attende la vendetta per l’oltraggio subito. La vendetta è minacciata e, finora, non applicata. Cosa attende l’Iran? Che si pronunci la tregua a Gaza? Che gli Stati Uniti assumano un atteggiamento meno severo in fatto di sanzioni? Che l’ansia dell’attesa sia una punizione per la popolazione israeliana, costretta a guardare il cielo nel timore dell’attacco aereo e scappare nei rifugi se l’Iron Dome non funziona?
Molte domande e poche risposte. La minaccia contro Israele si concretizza per ora dal Libano. Un nugolo di razzi lanciati sull’Alta Galilea da Hezbollah, un proxy, come si dice in diplomatichese, dell’Iran. Migliaia sono i profughi israeliani interni, migliaia si appostano accanto ai rifugi. Le IDF dislocano parte delle truppe verso il nuovo fronte. Il Governo di Gerusalemme ordina di colpire i lanciatori con centinaia di aerei.
Gli Stati Uniti, con il Segretario alla Difesa, ribadiscono l’inossidabile sostegno a Israele. Il Presidente Biden segue la situazione da vicino. Il rischio concreto è l’escalation: che quello degli Hezbollah sia l’assaggio dell’attacco iraniano propriamente detto. A usbergo di Israele si schiera la flotta americana, ricca di portaerei e sommergibili. Una potenza di fuoco altamente distruttiva.
La prospettiva della pace appare remota. Le parti non sono incoraggiate alla ragione dal calendario americano. Ciascun soggetto attende novembre, il mese escatologico. Attende di conoscere chi andrà alla Casa Bianca.
Se ci tornerà Donald Trump o se Kamala Harris si trasferirà dalla vicepresidenza alla presidenza. Il suo discorso alla Convention democratica è apparso ad ampio raggio: solidarietà a Israele, comprensione dei problemi palestinesi. Basterà per una strategia di ampio respiro in caso di vittoria? E le promesse di Trump di risolvere la crisi appena insediato?
La chiave è a Washington. I contendenti continueranno a guerreggiare sul campo, gli osservatori ad aggiornare il conto di vittime e distruzione. Per la Terra Santa un destino sacrilego.
di Cosimo Risi