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Consegnato il premio Peppe Natella a Beatrice Fazi – Gran gala ai Barbuti

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“Sono onorata di ricevere questo riconoscimento nella mia terra natale, presso un teatro che ha grande risonanza nazionale e una lunga storia – così l’attrice romana Beatrice Fazi ha commentato il Premio Peppe Natella che le è stato conferito al Teatro dei Barbuti di Salerno – sono andata via a diciotto anni e tornare qui, tra questi vicoli che mi hanno visto debuttare al vicino San Genesio, mi rende felice e orgogliosa”.

La direzione del Teatro, nella persona di Chiara Natella, ha inteso consegnarle il riconoscimento con la seguente motivazione: “Il Premio Peppe Natella 2024 va a Beatrice Fazi: attrice di teatro, televisione e cinema di indubbio talento e straordinaria versatilità. Una professionista, ma anche una persona che dà testimonianza, con la sua vita personale dei valori che il palcoscenico sottende, lontano dalla volgarità e dal cinismo imperante.

Inoltre, pur vivendo ormai a Roma, ha sempre conservato il legame con le radici e il territorio”. Il Premio “La longobarda” – opera ceramica dell’artista Nello Ferrigno, che raffigura un’amazzone longobarda – in passato è andato a personalità del calibro di Michele Placido, Massimo Venturiello, Peppe Barra e Anna Mazzamauro, solo per citare alcuni nomi. A consegnarlo, nel corso della serata presentata da Paolo Romano e Gilda Ricci, è stato Franco Picarone, consigliere della Regione Campania.

Subito dopo la cerimonia, Beatrice Fazi è andata in scena con “Cinque donne del Sud”, scritto e diretto da Francesca Zanni e prodotto da Trebisonda produzioni.  Un viaggio nel tempo attraverso cinque donne di una famiglia italiana del Mezzogiorno, uno spettacolo che è stato accolto calorosamente e con oltre cinque minuti di applausi dal pubblico numeroso dei Barbuti.

Cinque madri, cinque figlie, cinque personaggi per un’unica attrice che dà voce e corpo a cinque caratteri diversi, dal 1887 fino ai giorni nostri. Queste cinque donne ci portano per mano attraverso guerre mondiali e grandi rivoluzioni sociali, mentre affrontano delusioni e coltivano speranze, passando dalla vita contadina a quella iper-connessa, avanzando verso un futuro che cambia e che le cambia.

Ci raccontano non solo la storia di cinque generazioni di una famiglia, ma rappresentano anche simbolicamente la movimentata storia dell’Italia dall’unificazione politica alla fine del XIX secolo e, soprattutto, incarnano la storia di emancipazione delle donne.

L’evoluzione di questa famiglia matriarcale attraversa generazioni e continenti, dal profondo Sud Italia che usciva appena dal brigantaggio all’America di Woodstock e della controcultura, dai primi movimenti femministi al vuoto di valori degli anni Novanta del Novecento, fino al ritorno in una madrepatria profondamente cambiata.

Con un tono sempre in bilico tra leggerezza e commozione e uno sguardo ironico su chi siamo stati e chi diventeremo, queste donne ci raccontano come è cambiata la nostra società negli ultimi cento anni: la coppia, il matrimonio, i rapporti tra genitori e figli, le contraddizioni, i successi e i fallimenti. Ognuna di loro, attraverso il racconto della sua storia personale, ci fa conoscere anche un pezzo di storia del nostro Paese. I loro destini sono plasmati dalle fasi storiche decisive della storia italiana moderna. Le loro conquiste le abbiamo vissute, le loro paure sono le nostre, la loro forza ci appartiene.

Le cinque donne abitano una scena fatta di proiezioni, in cui le foto e i video rendono tangibile lo scorrere del tempo, ricordando atmosfere, volti e avvenimenti che fanno parte della memoria storica di tutti noi. Ogni donna ne partorisce un’altra, pescando da un grande baule – unico elemento scenico -abiti e oggetti che ricreano di volta in volta l’epoca in cui le donne vivono.

Nel passaggio generazionale la lingua parlata si evolve, si modifica, si contamina, proponendo uno spaccato della storia linguistica italiana vista dal basso, attraverso l’uso di diversi dialetti, incarnazione del conflitto tra Nord e Sud e tra madre e figlia. Anche la colonna sonora attraversa tutto il secolo, dalla musica popolare di fine Ottocento fino al rap.

Nel finale, il dialogo tra di loro fa emergere i frutti della lunga lotta per il riconoscimento e l’autodeterminazione della donna. Queste cinque donne non si capiscono, ma in fondo si assomigliano. E scopriranno che, per ritrovare la propria identità, il luogo da cui si fugge diventa quello in cui è necessario tornare. Perché le nostre radici sono importanti, anche quando vogliamo dimenticarle.

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