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La roulette europea (di Cosimo Risi)

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Con il 31 agosto gli stati membri hanno completato le designazioni dei nuovi Commissari europei. Nella roulette di chi vince e chi perde, a vincere è nuovamente la Germania, con il secondo mandato presidenziale per Ursula von der Leyen. In un impeto  di patriottismo bipartitico, la coalizione arcobaleno al potere a Berlino, avendo i democristiani all’opposizione, accetta il bis della popolare Ursula. E così Ursula von der Leyen, designata  per il primo mandato da Angela Merkel con la complicità di Emmanuel Macron, resta al Palazzo Berlaymont. Prima di lei, il rinnovo del mandato è riuscito soltanto a Jacques Delors e José Barroso.

La Presidente allarga la base politica con l’apporto dei Verdi al tradizionale schieramento di Popolari, Socialisti e Democratici, Liberali. Si vale dell’appoggio di Germania, Francia, Spagna, Polonia. La novità positiva è data dalla Polonia, riammessa nel circuito europeista da quando Donald Tusk, già Presidente del Consiglio europeo, è diventato Primo Ministro. La novità negativa è l’assenza dell’Italia. Non perché sia diminuito il suo peso specifico, ma perché il Governo ha seguito la coerenza politica e non l’accortezza tattica nello scegliere i vertici istituzionali.

La Presidente Meloni vota contro Antonio Costa alla presidenza del Consiglio europeo in quanto socialista. La carica spettava a quel partito dopo le presidenze del liberale Charles Michel e del popolare Donald Tusk. Al Consiglio europeo vota contro Ursula von der Leyen,  in Parlamento fa votare alla stessa maniera il Gruppo Conservatore. Dalla maggioranza governativa si stacca Forza Italia: in quota PPE, vota a favore.

Il Governo designa Raffele Fitto quale nuovo Commissario. Il suo portafoglio dovrebbe comprendere la Coesione sociale, economica, territoriale nonché la vigilanza su Next Generation EU. L’Italia, che con il PNRR ne è il massimo beneficiario, giocherebbe in casa.

Si negozia per irrobustire il peso di Fitto con la delega al Bilancio e la Vice Presidenza esecutiva. Il Vice Presidente esecutivo, oltre al portafoglio di diretta responsabilità, coordina il lavoro dei colleghi dalle competenze affini. Gli arricchimenti sono in discussione. Bisogna scontare le resistenze di Francia e Germania a dare eccessivo peso ad un Governo sovranista, nonché la riluttanza della stessa von der Leyen a favorire chi l’ha osteggiata.

La partita si sposta al Parlamento europeo, con le audizioni dei singoli Commissari. Fitto non dovrebbe incorrere in imboscate, gode della neutralità se non del favore del Gruppo Popolare oltre che della destra. Giocherebbe a suo vantaggio la precedente presenza a Strasburgo, nel solco del diffuso europeismo dell’Assemblea.

La stretta politica si avverte sui principali dossier di politica estera. Il prestigio dell’Alto Rappresentante è indebolito dalla nomina del successore, la Estone Kaja Kallas. Josip Borrell non riesce a convincere i Ministri degli Esteri circa l’opportunità di procedere uniti sui dossier Russia e Medio Oriente. Al Consiglio Esteri informale di fine agosto, non passano le sue proposte di autorizzare l’Ucraina ad adoperare in Russia le armi fornite dall’Europa né di applicare sanzioni a carico di alcuni Ministri di Israele.

Josip Borrell accusa Itamar Ben Gvir e Bezalel Smotrich di “incitamento all’odio e ed ai crimini di guerra” per le loro dichiarazioni sulla crisi di Gaza. Per non parlare della passeggiata di Ben Gvir sulla Spianata delle Moschee, un tentativo di modificare lo statu quo di Gerusalemme criticato dallo stesso Netanyahu.

La scoperta nelle gallerie di Gaza dei corpi di sei ostaggi accentua la rabbia in Israele: del Governo nei confronti di Hamas, delle famiglie dei superstiti contro il Governo perché non accetta l’accordo con la controparte. In mezzo si collocano gli Stati Uniti, i soli ancora a credere in una svolta nelle trattative. Un ostaggio ucciso aveva la doppia cittadinanza americana e israeliana.

di Cosimo Risi

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