Chi sale e chi scende al borsino di Bruxelles (di Cosimo Risi)

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La nuova Commissione europea, la Ursula von der Leyen II, si presenta al Parlamento europeo per il giudizio sui singoli componenti ed il voto finale sull’intero collegio. L’insediamento è previsto in gennaio. La scena internazionale corre, le guerre minacciano l’Europa da vicino, noi seguiamo un fuso orario diverso. E’ dalle elezioni di giugno che ci palleggiamo il nuovo assetto di vertice. La Commissione in carica è di fatto depotenziata, la nuova è di là da venire.

Il Trattato assegna al Presidente la responsabilità di assegnare gli incarichi. La partita  è segnata dalle pressioni degli stati membri, ciascuno dei quali vuole per il proprio Commissario il riconoscimento adeguato allo status della persona, del partito, del paese.

Ursula von der Leyen (sulla stampa, per brevità: UvdL) si è valsa appieno dei poteri del Trattato. Scambia il recalcitrante francese Thierry Breton con l’accomodante Stéphane Séjourné. Il primo era Vicepresidente uscente: uomo del carattere puntuto, contestatore di Ursula dalla prima ora. Il secondo lascia il Ministero degli Esteri a Parigi. Giovane, di buon carattere, ha in premio il portafoglio più ricco, pari a quello di Teresa Ribera, la Vicepresidente spagnola.

Un liberale ed una socialista ottengono le posizioni di punta. Con la presidenza nuovamente affidata alla popolare tedesca, la Commissione sancisce  la duplice triade dalla precipua influenza: degli stati membri (Francia, Germania, Spagna) e dei gruppi (Popolari, Socialisti, Liberali). L’Italia e Fratelli d’Italia restano fuori dal circolo ristretto. Il portafoglio di Raffele Fitto è meno robusto, in linea teorica lo esclude dalle decisioni di alta politica.

UdvL moltiplica le vicepresidenze esecutive. Assegna ad alcuni Commissari di fascia A il coordinamento di alcuni Commissari di fascia B. Non il lettone Valdis Dombrovskis: da semplice Commissario non è coordinato da un Vicepresidente ma riferisce direttamente alla Presidente. Quella delle vicepresidenze è stata la battaglia mediatica per il Governo italiano: il goal segnato, come dichiara dallo schermo la Presidente Meloni, a mostrare che non paghiamo il voto contrario a UdvL in Consiglio europeo e in Parlamento.

La maggioranza dei seggi va ai Popolari, seguiti da Socialisti e Liberali. Seggi residuali vanno alle destre. UvdL intende esercitare in libertà i poteri presidenziali e cercare di volta in volta la maggioranza conveniente, da quella tradizionale all’apertura verso la destra conservatrice. Resterebbero fuori la sinistra e la destra estreme.

Questo atteggiamento ondivago dovrebbe indurre l’ECR, la famiglia politica di Fratelli d’Italia, a fare chiarezza al suo interno fra i sovranisti puri e duri e gli europeisti timidi. La scissione del gruppo non è da escludere. Allargare la base del consenso non dovrebbe confondere ma chiarire fra chi è per e chi è contro.

Si creano portafogli nuovi per la Difesa e il Mediterraneo. Il sistema politica estera,  sicurezza, difesa è affidato a due esponenti dei Paesi baltici. I rispettivi titolari ritengono che la Russia sia la nemica capitale dell’Europa e che dobbiamo attrezzarci per una tensione di lunga lena con Mosca. I Commissari che non la vedono in maniera così radicale saranno chiamati ad un lavorio di riequilibrio, se non vorranno acconciarsi all’idea che la Russia è perennemente irrecuperabile ad un discorso comune.

A ribadire la posizione a sostegno dell’Ucraina, nella prima missione del nuovo corso, UvdL si reca a Kiev, evita di indossare la tuta mimetica alla maniera di Zelenskyj, reca  in dono un pacchetto di una trentina di miliardi. Nel frattempo il Parlamento europeo adotta la risoluzione per autorizzare l’uso delle armi europee in Russia. La componente italiana, specie quella PD,  vota in maniera differenziata. La risoluzione non vincola  gli stati membri. L’Italia infatti non aderisce.

Gli affari economici passano a Valdis Dombrovskis, il veterano del rigore sui conti. A lui spetterà in prima battuta l’applicazione del Patto di stabilità. La virata a destra si evince anche dai portafogli Ambiente e Migrazioni affidati ai “duri” Commissari olandese e austriaco. Il Green Deal sarà riveduto alla luce delle obiezioni degli industriali e degli agricoltori. La politica migratoria subirà una stretta.

Il fin troppo lodato Rapporto Draghi sulla competitività europea resta sullo sfondo. Non avendo Draghi compiti esecutivi, la sua applicazione è affidata alla buona volontà della Commissione. La proposta di emettere nuovo debito europeo per raccogliere 800 miliardi è troppo sensibile perché sia accettata da tutti.

di Cosimo Risi

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