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A proposito di un libro sul governo mondiale (di Cosimo Risi)

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Con cadenza annuale Massimo Panebianco, Emerito di Diritto internazionale all’Università di Salerno, dedica una riflessione allo stato del mondo. L’ultimo lavoro (I gruppi globali di stati, Napoli, 2024) arriva in libreria a distanza di trenta anni da quello sul G7 / G8 di Napoli (1994). Ora come allora l’Autore pone l’interrogativo di fondo: chi governa il mondo? Ovvero: chi sono i nuovi governanti?

Nei Novanta del XX secolo la risposta sembrava relativamente facile. A Napoli accadde che il G7 delle potenze euro-occidentali accolse la Russia, nel primo, solenne tentativo di inglobarla nel sistema di governo mondiale: non più avversario ma partner.

La Russia di Boris Eltsin, nella caotica gestione del trapasso dall’Unione Sovietica alla Comunità degli Stati Indipendenti, alimentava la speranza di una ricucitura delle relazioni internazionali, dopo la Guerra fredda e la breve stagione della perestrojka di Mikhail Gorbacev.        La Russia del XXI secolo si colloca di nuovo dall’altro lato dello spettro politico. Eppure, Vladimir Putin venne alla ribalta come Primo Ministro di Eltsin e dunque nell’aspettativa della continuità.

Mosca pone oggi il tema della rottura dell’unipolarismo americano. O euro-occidentale, per stare al linguaggio di Panebianco. La rottura dello schema cosiddetto unipolare avviene in maniera clamorosa nel febbraio 2022 con l’invasione dell’Ucraina, una repubblica post-sovietica che la Russia post-sovietica ha riconosciuto come indipendente all’atto della consensuale separazione. Mosca ne contesta la sovranità almeno nella parte orientale russofona. Ripropone così il vecchio stilema della tutela oltre confine delle minoranze linguistiche. Un arretramento deciso rispetto alle lusinghe della globalizzazione economica.

La globalizzazione unipolare è minacciata. Russia e Cina evocano il multipolarismo avverso il dominio del pensiero unico euro-americano. La nuova dottrina si incunea nella caduta di autorità dell’ONU. Clamorosa è la decisione di Israele di dichiarare persona non grata il Segretario Generale. E d’altronde Antonio Guterres brilla per la flemma con cui affronta le due guerre in atto: fra Russia e Ucraina e fra Israele e Palestina (Iran).

I suoi predecessori erano presenti sul campo, nel tentativo a volte vano ma significativo di mediare fra le parti per il cessate il fuoco, per la tregua, per il processo di pace. L’attività di New York è ricca di dichiarazioni, povera di decisioni. Si prenda il caso del contingente UNIFIL in Libano. Avrebbe dovuto vigilare sull’applicazione della risoluzione 1701 per tenere lontano Hezbollah dal confine con Israele. I fatti di questi giorni smentiscono l’intenzione. Il contingente, a forte presenza italiana, resta nei rifugi, attende che l’ONU ne ridefinisca il mandato.

Panebianco opta per una governance del mondo articolata su tre soggetti. Il G7, privato della gamba russa che ne costituiva l’asse portante da Napoli e per un breve periodo. Il G20, dove si ritrovano i membri del G7 con le potenze emergenti dei continenti dimenticati (Africa, America Latina, Oceania). I BRICS, l’agglomerato delle potenze che vogliono contare di più sulla scena internazionale puntando sulle prestazioni economiche e sulla demografia rispetto al mondo euro-occidentale in stagnazione economica e regresso demografico.

La ricomposizione del sistema di governo è il punto focale dell’indagine. L’Italia occupa un posto di rilievo in quanto presidente di turno del G7. Il vertice a Borgo Egnazia ha rappresentato la punta più alta del nostro impegno nella mappa globale.

La Presidente del Consiglio cerca ora la sponda dell’opposizione per trovare un linguaggio comune in Parlamento. Il momento è difficile e richiede un certo grado di unità nazionale sui passaggi fondamentali della politica estera. Anzitutto: come porsi riguardo alla crisi mediorientale.

La crisi si riverbera sul piano interno con le manifestazioni a vario titolo “pro Palestina”, con la tutela del personale italiano in Libano, con i rigurgiti di antisemitismo. Il proliferare dei movimenti neonazisti ne è un indizio.

Nel riflettere sull’aggiornamento delle relazioni internazionali, siamo privi dell’ombrello europeo. Dalle elezioni di giugno del Parlamento europeo ad oggi non abbiamo ancora la nuova governance dell’Unione. La Commissione in carica è di fatto depotenziata, la nuova si insedia a gennaio. A sei mesi dal voto popolare e quando il/la Presidente degli Stati Uniti giurerà nelle mani del Presidente della Corte Suprema.

di Cosimo Risi

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