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Cgil Salerno, la lotta è continua: due giorni di sciopero a Roma per automotive, salari, salute e occupazione

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Venerdì e sabato intensi per la Cgil di Salerno, impegnata nelle prime due manifestazioni d’autunno che sanciscono l’inizio di una stagione di lotte contro il governo Meloni e contro provvedimenti che non vanno nella direzione di tutela rispetto ai diritti fondamentali dei lavoratori. La Camera del Lavoro ha partecipato, venerdì 18 ottobre, allo sciopero proclamato da Fiom Fim e Uilm.
Migliaia di metalmeccanici del settore automobilistico provenienti da tutta Italia hanno invaso le strade della capitale per chiedere al Governo investimenti mirati, volti a coniugare tutela dell’ambiente e salvaguardia dei posti di lavoro. Molte imprese di piccole o piccolissime dimensioni già hanno chiuso e molte altre stanno avviando il processo di spostamento delle aziende per la componentistica verso altri paesi europei ed extraeuropei.
«Servono politiche coraggiose – afferma Antonio Apadula, Segretario Generale della Cgil Salerno-, investimenti capaci di garantire una vera a propria transizione dell’industria automobilistica. Immaginare di continuare in questa condizione di instabilità non è possibile. Basti pensare a ciò che accade nelle zone industriali della nostra provincia di Salerno. La situazione è molto critica e certamente in queste condizioni non è possibile immaginare vie d’uscita per il settore automobilistico, Non solo l’automotive è a rischio ma anche i posti di lavoro di coloro che lavorano nelle aziende della componentistica. Servono risorse pubbliche, serve che il governo garantisca agevolazioni già a partire dai costi dell’energia».

La pioggia battente non ha fermato i lavoratori nemmeno oggi, sabato 19 ottobre, che hanno invaso Piazza del Popolo per partecipare alla manifestazione indetta dalla funzione pubblica cgil e Uil, allo scopo di rivendicare il rinnovo dei contratti collettivi di lavoro dei servizi pubblici; di chiedere maggiori risorse per i contratti nazionali e maggiori risorse per la sanità pubblica. La soglia di povertà sta abbassando l’asticella in maniera notevole. In difficoltà non ci sono solo più i disoccupati. Il paradosso è che anche le famiglie con due adulti che lavorano, non riescono ad arrivare alla terza settimana del mese.
«Il ceto medio rischia di scomparire sotto i colpi dell’inflazione – spiega Apadula-. Il covid prima e le guerre poi, hanno determinato un aumento spropositato dell’inflazione e quindi del costo della vita. Una famiglia media italiana, con almeno uno stipendio in entrata, fatica ad arrivare alla fine del mese. Ecco, siamo in piazza anche per questo: abbiamo tutti il diritto a condurre una vita dignitosa e ad essere curati da un sistema sanitario accessibile a tutti i cittadini. Stiamo attraversando una crisi sociale che ci riporta indietro di secoli e con l’autonomia differenziata si raggiungeranno picchi di disuguaglianza altissimi. Il nostro è un allarme chiaro è grave. Il Governo non può girarsi dall’altra parte».

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