Il precedente picco (210.132 lavoratori) si riferisce al 2019, anno precedente alla crisi pandemica.
Sono numeri importanti e lumeggiano quale sia l’effettivo contributo degli alberghi nel mercato del lavoro italiano. I lavoratori assunti a tempo indeterminato nel 2019 erano 78.917, nel 2023 sono diventati 75.961 (il 33,9% del totale).
Nel 2019 gli stagionali sono stati 89.479 e nel 2023 sono diventati 107.501 (48% del totale). I contratti a tempo determinato (per ragioni diverse dalla stagionalità) erano 41.737 nel 2019, mentre nel 2023 si sono ridotti a 37.249.
Le particolari caratteristiche del settore lo portano a dare risposte alle esigenze occupazionali delle categorie di lavoratori che solitamente hanno maggiore difficoltà in tal senso: i giovani (quasi la metà del totale) e le donne (52,8%), favorendo la conciliazione fra i tempi di vita, di lavoro e di studio.
La forte presenza (30,8%) di manodopera straniera – che arriva a costituire il 41% degli occupati nel nord-est del Paese – evidenzia la centralità del settore nei flussi di lavoratori provenienti dall’estero e rappresenta un fattore positivo di integrazione e rafforzamento del tessuto sociale.
È il Trentino-Alto Adige la regione con più lavoratori dipendenti nell’alberghiero: 33.440 unità. Al secondo posto, con 27.560 lavoratori, la Lombardia; e sono 24.119 quelli del Veneto che è terzo. Seguono, l’Emilia-Romagna che occupa 20.638 lavoratori dipendenti e la Toscana che ne registra 17.998. Da ciò si evince che più di un dipendente su tre (36,4%) negli alberghi è impiegato nelle regioni del Nord-Est. Le Isole invece sono quelle con la minor percentuale (9,2%), ma pure quelle che dal 2019 hanno avuto l’incremento maggiore (+15%).
Con 23.406 lavoratori nel settore alberghiero, Bolzano è la provincia con più occupati; segue quella di Roma con 13.366 dipendenti; terza Milano con 12.739. Venezia è quarta con 11.571 occupati, seguita dalla provincia di Napoli con 11.122.
di Tony Ardito
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