Perché ci sono due guerre in corso – senza esiti e conseguenze realisticamente prevedibili – e, poi, si radicano ben oltre quanto si può tentare di immaginare, soprattutto in Italia, le conseguenze di un debito pubblico (3.000 miliardi di euro) assolutamente devastanti, non adatte, per comprenderci, solo a una guerriglia politica in ambito nazionale che sembra scivolare anche sui problemi più seri e concreti che si allungano verso l’orizzonte. Lo scrive Ernesto Pappalardo su Salerno Economy
“La lotta contro l’inflazione è vinta, ma guerre, dazi e debito minano la crescita globale”, avverte, quindi, il Fondo monetario internazionale. E, giustamente, ritocca le stime sul Pil italiano 2024: +0,7% contro il +1% previsto dal Governo; peggio – aggiunge – farà la Germania, a crescita zero. Ma il capo economista Pierre-Olivier Gourinchas del Fmi conferma che la battaglia contro l’inflazione e avverte le banche centrali: “Tassi alti per troppo tempo minacciano la crescita” e il soft landing.
La presidente della Banca centrale europea ha, quindi, ritenuto giusto specificare le previsioni sul calo dell’inflazione al 2%: “Tutti i componenti del board sono fiduciosi: lo raggiungeremo nel 2025”. E, poi, è arrivata anche la risposta alle critiche di Donald Trump: “Dovrebbe venire a farci visita”. Quello che appare più che chiaro è che i tassi saranno dove sono adesso “fino a quando sarà necessario”.
Di conseguenza, l’inflazione scenderà – così ci dicono – al 2% “nel 2025”.
Ma il ragionamento di Lagarde è molto concreto e persistente: nonostante l’ultimo taglio di 25 punti base sui tassi d’interesse, a cui potrebbe seguirne uno uguale a dicembre, un vero e proprio percorso di riduzione non è stato ancora delineato e “verrà definito più tardi”.
“La direzione è ormai chiara – ha riaffermato Lagarde – e ciò che abbiamo fatto finora è sensato. L’inflazione è sulla strada giusta per diventare disinflazione. Restiamo però cauti senza saltare a conclusioni affrettate”. Ecco anche qui c’è ben chiara la traccia che orienta questo ragionamento. Dopo il nuovo taglio di ottobre ai tassi di interesse “non abbiamo una sequenza lineare e sistematica su cui procedere”.
Anche perché – spiega sempre Lagarde – abbiamo ribadito più volte che siamo legati ai dati e che guardiamo a tutti i dati disponibili”. Del resto, “quando abbiamo tagliato a ottobre eravamo fiduciosi che la disinflazione era ben incanalata e che potevano ritirare ancora la restrizione monetaria. Ma ovviamente dobbiamo essere cauti, perché i dati perverranno e ci diranno quale sia lo stato dell’economia”.
Il problema reale è che “in questa fase – dice Lagarde – siamo piuttosto soddisfatti con i progressi fatti” sull’inflazione, “ora siamo sotto il 2% per il momento, ma abbiamo motivi per ritenere che tornerà sopra il 2%”, anche per gli effetti di base legati ai prezzi dell’energia.
Quello che indica il percorso è ricordare bene da che cosa siano orientate queste tipologie di politica economica: “Ovviamente siamo attenti alla crescita, perché si ripercuote sull’inflazione”, ma “siamo guidati da un mandato piuttosto semplice sulla stabilità dei prezzi, che abbiamo definito come una inflazione al 2% simmetrico”, un mandato “diverso da quello della Federal Reserve che ha un mandato duale sia sull’inflazione che sulla crescita”.
Lagarde ha ritenuto di esprimersi anche sul fronte delle materie prime, altro scenario che esige chiarezza, per quanto possibile: “Ci sono crescenti movimenti sull’oro, la Cina ne ha acquistato come mai prima d’ora, la Russia lo compra”. Mentre per quanto riguarda le valute, “ci sono chiaramente tentativi di spingere altre valute, come il renminbi”.
L’euro digitale? La speranza “è che nel corso del 2025 la legge – in base alla quale si procederà alla creazione dell’euro digitale – sarà votata e approvata dal Parlamento europeo”. Cosa significherà? “Avere un euro digitale faciliterà pagamenti tra persone, nel commercio in un modo economico, veloce e trasparente, e tutelerà la sovranità dell’UE”, ha specificato Lagarde.
(fonte SalernoEconomy)