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Aspettando Donald (di Cosimo Risi)

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Fin troppo facile parafrasare il titolo di Samuel Beckett su Godot. I sondaggi stanno ridimensionando la facile euforia della candidatura di Kamala Harris, scoprono che gli stati chiave delle presidenziali pendono per lui: l’usato malsicuro Donald Trump.

Dimentichi delle capriole del precedente mandato, gli elettori vorrebbero di nuovo affidargli lo scettro del comando per quel tocco di realpolitik, di cinico realismo, che renda l’America di nuovo credibile: temuta più che ammirata.

Sono in molti a scommettere sulla sua vittoria. I BRICS (acronimo di Brasile, Cina, Russia, Sudafrica) invitati da Vladimir Putin in una Repubblica appartata della Federazione russa, dove lo stesso Putin non rischia di essere arrestato per il mandato internazionale di cattura. E dove si esibisce accanto al cinese Xi Jinping ed all’indiano Narendra Modi, nonché al turco Recep Erdogan.

La Turchia è membro NATO, flirta con la Russia, media nel conflitto in Ucraina, accusa Israele di genocidio, ammette Svezia e Finlandia nell’Alleanza, non si pronuncia sulla candidatura ucraina data per certa dal Segretario Generale Rutte. Un giocatore totale, come la nazionale olandese dell’epoca Cruyff.

Scommette su Trump il Premier israeliano, è reduce dalla prova di forza in Iran. Una squadriglia di centinaia di aerei sorvola Iraq e Siria per bombardare alcuni siti strategici iraniani. Non i siti nucleari né petroliferi. L’IAF (Israeli Air Force) compie la più grandiosa operazione della sua storia. Gli aerei di ultima generazione, compresi gli F35 così discussi in Italia, coprono indisturbati duemila kilometri. I radar a terra sono accecati dall’attacco cibernetico, la rotta è sicura.

L’attacco, da tradizione, è “telefonato”. L’Iran lo aspetta da giorni, è avvertito dalla Russia, a sua volta forse avvertita dagli Stati Uniti. Questi ultimi sono informati poco prima da Israele. È pensabile che una missione di tale portata sia esclusivamente made in Israel? E le portaerei americane schierate a difesa? E l’inerzia della contraerea siriana manovrata dai Russi?

Il Segretario di Stato USA compie l’undicesima missione nella regione in un anno. Un primato degno della shuttle diplomacy di Henry Kissinger. Ambedue ebrei, in naturale sintonia con il popolo di Israele, ma dal diverso approccio.  Henry, di formazione tedesca, intimava.  Antony, di formazione francese, auspica. Appena lascia Gerusalemme, il Ministro della Difesa Gallant precisa che nulla di quanto l’americano chiede è fattibile, nell’immediato Israele continua sulla sua strada.

Gli auspici del Segretario di Stato seguono le dichiarazioni del Presidente. Joe Biden auspica, senza che Benjamin Netanyahu ne sia granché impressionato, preso com’è dalla guerra totale fino alla distruzione dei nemici o all’autodistruzione. Il confine fra i due esiti è tragicamente labile. Che un Presidente americano non produca l’effetto desiderato sull’interlocutore lascia dubitare della sua capacità di leadership.

La debolezza stinge sulla Vicepresidente Harris e candidata democratica alla presidenza. Di qui la reazione di Trump che, con lui alla Casa Bianca, certi fatti non sarebbero accaduti. La Russia non avrebbe attaccato l’Ucraina, Israele non sarebbe minacciato da Hamas e dall’Iran.

In Europa scommettono su Donald. L’ungherese Viktor Orbán lo esplicita platealmente. I sovranisti delle varie famiglie lo sperano. Il cosiddetto campo largo italiano si divide sulla politica estera. Il PD è per l’omologo partito americano. Giuseppe Conte è nostalgico dell’epoca in cui Donald lo chiamò, affettuosamente storpiandolo, “Giuseppi”. La Presidente Giorgia Meloni ostenta l’amicizia con Elon Musk, il principale sostenitore di Trump. Così acceso da elargire denaro agli elettori indecisi degli stati chiave.

Per finire con Jeff Bezos. Il proprietario del Washington Post ordina la neutralità al giornale e provoca le dimissioni di alcune firme. Se persino i ricchissimi dell’economia digitale dubitano della vittoria democratica… Resiste Barack Obama, spende l’intatto carisma rappando con Eminem.

di Cosimo Risi

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