«Sono stati dieci anni difficili, da dimenticare», ha dichiarato Aliberti, che ha descritto la sua esperienza come un incubo. Dalla detenzione a Salerno al trasferimento in strutture fuori regione, fino alla permanenza in un reparto di psichiatria, il calvario giudiziario è stato estenuante. «Mia moglie e i miei figli hanno vissuto questa sofferenza al mio fianco, venendo a trovarmi in carcere. Mi sento ancora confuso e stanco, ma grato ai miei avvocati che mi hanno sostenuto in questa battaglia per la verità», ha aggiunto.
L’avvocato Silverio Sica ha elogiato il coraggio dei giudici che hanno emesso la sentenza di assoluzione, definendo la custodia preventiva subita dal suo assistito «inappropriata e ingiusta». Sica ha criticato il sistema italiano, sottolineando la necessità di riforme che evitino situazioni simili: «Dopo le dimissioni da sindaco, non c’era alcuna ragione per tenere Aliberti in carcere. La custodia preventiva è un fenomeno che va rivisto profondamente».
Anche l’avvocato Giuseppe Pepe ha sottolineato come il processo abbia dimostrato l’innocenza di Aliberti, criticando l’uso poco rigoroso del pentitismo: «Molte testimonianze si sono dissolte di fronte alla difesa. È emersa la necessità di maggiore attenzione nella raccolta di prove». Pepe ha poi evidenziato che il processo stesso non può diventare una pena per l’imputato e ha ribadito la fiducia nella giustizia, pur auspicando una riflessione sui meccanismi di carcerazione preventiva. Per l’Avvocato Sica bisognerebbe scrivere la parola fine in modo definitivo su questa storia: «La Procura ora rinunci all’Appello»
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