La crisi dell’istruzione e la qualità della democrazia (di G. Fauceglia)

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La crisi dell’istruzione, che in Italia si presenta più grave rispetto agli altri Paesi ad economia avanzata, riduce la qualità della democrazia, non solo perché incide su quell’ascensore sociale che ha positivamente caratterizzato la struttura sociologica italiana negli scorsi decenni, ma soprattutto perché riduce le cognizioni della popolazione, esponendola a comportamenti irrazionali.

Stiamo in questi anni pagando le conseguenze educative del Sessantotto, ribadite nel corso degli anni Novanta, si tratta di un facilismo amorale – come lo definisce nel suo ultimo libro Mario Caligiuri, “Maleducati – Educazione, disinformazione e democrazia in Italia”, edizioni Luiss – che ha accentuato le distanze sociali. Del resto, è sufficiente esaminare le percentuali dei promossi negli istituti di istruzione superiore, per comprendere che, a parte i ricorsi al TAR, per essere bocciati alla maturità è necessario metterci molto impegno.

Il livello della scuola e dell’università è anche il risultato dei frequenti e contraddittori interventi degli ultimi decenni, basti pensare che in quindici governi dal 1998 ad oggi, sono stati per otto volte unificati i Ministeri dell’Università e della Ricerca Scientifica e dell’Istruzione e ben sette volte li hanno scorporati. Segno di una emergenza e di una mancata programmazione, cui sono seguiti i tagli della Gelmini e gli interventi disarmonici di Fioroni e Mussi.

La conseguenza è che le nostre classi dirigenti, il cui livello con la globalizzazione si dovrebbe elevare, è diventato, in qualche modo, più scadente, e ciò resta il frutto proprio degli anni in cui queste classi si sono formate ed istruite, mentre gli artefici del boom economico erano i figli della riforma Gentile. A ciò deve aggiungersi lo sviluppo dell’Intelligenza artificiale, che rischia di creare una divisione castale senza alcun precedente tra una ristretta élite e il resto della popolazione.

Ne discende che una democrazia vera non può prescindere dalla giustizia sociale, che presuppone un sistema educativo pubblico, non affidato alle tante università telematiche, che a volte si sviluppano senza controllo e in assenza dei necessari standard formativi.

Il rimedio, non facile, è quello di assicurare un sistema di finanziamento delle scuole e delle università non collegato al risultato dei “promossi”, ma alla qualità dell’insegnamento e della formazione, velocizzando i tempi di apprendimento, sviluppando una cultura diffusa dell’intelligenza come strumento di comprensione della realtà, così potenziando quel “fattore umano” unico contrasto alla presunta razionalità della stessa Intelligenza artificiale.

Giuseppe Fauceglia

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