Rispetto a 5 anni fa, secondo quanto emerge dalla ricerca realizzata da Ener2Crowd.com, il valore economico annuale dello spreco italiano è dunque salito nel 2024 del 45,6%, con una media mensile di 30,6 euro a famiglia, un valore che si triplica appunto nel periodo di Natale.
«Ad andare in fumo è una somma di denaro ingente, che porta anche ad un’impennata del livello di inquinamento, perché ogni tonnellata di rifiuti alimentari produce circa 4,5 tonnellate di CO2» sottolinea Giorgio Mottironi, CSO e co-fondatore della società benefit Ener2Crowd, Chief Analyst del GreenVestingForum, il forum della finanza alternativa verde.
«Lo spreco alimentare globale è infatti associato a circa 3,3 miliardi di tonnellate di CO2 equivalente, rappresentando oltre il 7% delle emissioni totali» aggiunge Niccolò Sovico, CEO e co-fondatore di Ener2Crowd.com, riferendosi ad un recente rapporto dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA).
Ma le emissioni sarebbero anche di più secondo le più recenti stime del WWF. Secondo l’associazione ambientalista, il cibo prodotto per il consumo umano che finisce perso o sprecato sarebbe responsabile dell’8-10% delle emissioni nocive a livello globale.
«Un altro studio pubblicato su Nature Food stima in 9,3 miliardi di tonnellate di CO2 equivalente le emissioni globali da spreco di cibo, pari ad un terzo delle emissioni dell’intero sistema alimentare mondiale» aggiunge ancora Niccolò Sovico.
Certo è che il periodo natalizio è uno dei momenti di maggiore spreco alimentare. Ma se ogni italiano dedicasse l’esatto valore dello spreco annuale alla sostenibilità ed a progetti pensati per il progresso del Pianeta, questi rappresenterebbero un tesoretto che, considerando i molti investimenti al 10,50% lordi presenti sulla piattaforma Ener2Crowd.com, sarebbero in grado di generare un ritorno netto del 7,8% all’anno.
Dopo appena 3 anni di investimenti mirati e sostenibili, lo spreco produrrebbe un beneficio effettivo del 25% per ogni singolo investitore ed un beneficio generale stimato intorno al 40%, includendo indotto e tasse, che rimangono comunque un sistema di ridistribuzione della ricchezza.
«Tassi di crescita del genere sono introvabili anche in prodotti finanziari speculativi ad alto rischio e ciò dà una misura delle potenzialità di un’economia stabile riconvertita e partecipata verso il green» conclude Giorgio Mottironi.
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