Il dato di maggiore rilevo si registra sul mercato americano dove in dieci anni l’enogastronomia tricolore fa segnare un incremento di circa il 150%. Cifre considerevoli giungono pure da questo continente, con la Francia che fa segnare +90%, la Germania +71% e la Gran Bretagna +57%. Il vino è il prodotto più esportato; seguono: l’ortofrutta trasformata, i formaggi, la pasta gli altri derivati dai cereali, frutta e verdura fresche, salumi e olio d’oliva.
Il successo dell’export agroalimentare è il frutto del lavoro di una filiera Made in Italy che dal campo alla tavola vede impegnati ben 4 milioni di lavoratori in 740mila aziende agricole e 70mila industrie alimentari.
Un patrimonio della economia del Belpaese che ha tutte le carte in regola per raggiungere l’obiettivo di portare il valore annuale dell’export agroalimentare a 100 miliardi nel 2030. Occorre, però, colmare i ritardi infrastrutturali i quali – in base all’analisi del Centro Studi Divulga – costano circa 9 miliardi di euro di mancate esportazioni per il nostro l’agroalimentare.
Ci sarebbe poi da intervenire con maggiore incisività ed efficacia onde fermare il fenomeno della contraffazione internazionale, a partire dagli accordi commerciali stipulati dall’Unione Europea, ove urge applicare il principio di reciprocità. Si pensi che il falso Made in Italy agroalimentare nel mondo è arrivato a valere oggi 120 miliardi di euro.
di Tony Ardito
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