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Il Governo impugna la legge della Regione Campania sul terzo mandato (di G. Fauceglia)

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Giovedì scorso il Consiglio dei Ministri ha deciso di impugnare innanzi alla Corte Costituzionale le Legge della Regione Campania del 5 novembre 2024, che consente al Presidente De Luca di ricandidarsi per il suo terzo mandato.

Bisogna da subito dire che questa procedura, prevista dall’art. 127 della Costituzione, consente al governo di sollevare la questione di legittimità costituzionale innanzi alla Corte, qualora ritenga che una legge regionale travalichi le competenze normative attribuite alle stesse Regioni.

Si tratta di questione dal punto di vista tecnico-giuridico molto complessa e che trova le proprie radici anche in quel vero e proprio guazzabuglio che è stata la legge Costituzionale n.3 del 2001, voluta dall’allora governo di centro-sinistra.

In realtà, la disciplina in materia si rinviene nell’art. 122, primo comma, Cost., a mente del quale “Il sistema di elezione e i casi di incompatibilità del Presidente e degli altri componenti della Giunta regionale nonché dei consiglieri regionali sono disciplinati con legge della Regione nei limiti dei principi fondamentali stabiliti con legge della Repubblica, che stabilisce anche la durata degli organi elettivi”.

La Legge n. 165/2004, nell’art. 2, nel dare seguito al dettato costituzionale, ha dettato i principi fondamentali che le Regioni devono recepire nel disciplinare la materia, indicando la “non immediata rieleggibilità allo scadere del secondo mandato consecutivo del Presidente della Giunta Regionale eletto a suffragio universale e diretto, sulla base della normativa regionale adottata in materia”.

A fronte di questa complessa normativa vi è stato chi ha ritenuto che il principio statale, anche in ragione del suo definitivo portato precettivo, non necessita di una specifica regolazione regionale, trovando così immediata applicazione nel caso che lo statuto preveda l’elezione a suffragio universale e diretto del Presidente della Giunta; altra tesi, invece, ha sostenuto che il principio rimarrebbe impedito, nella sua pratica attuazione, qualora non fosse stato recepito con legge elettorale regionale.

Quest’ultima opzione è stata quella assunta dalla legge impugnata, la quale specifica che “ai fini dell’applicazione della presente disposizione, il computo dei mandati decorre da quello in corso di espletamento alla data di entrata in vigore della presente legge” (ovvero dall’11 novembre 2024, data di pubblicazione).

Si tratta, dunque, di una materia complessa sul piano giuridico e costituzionale e, d’altro canto, estremamente delicata dal punto di vista politico, come dimostrato dal caso Zaia in Veneto che, in virtù proprio di una legge regionale, ha potuto ricandidarsi per il suo terzo mandato ed essere rieletto nel 2020.

Vi è, però, che il caso “Campania” è profondamente diverso dal caso “Veneto”, perché la Campania con la Legge regionale 27.3.2009, n. 4, ha compiutamente disciplinato la materia elettorale, anche in relazione alla incandidabilità ed ineleggibilità, pur non richiamando espressamente l’art. 2 L. 165/2004, ma questo difetto potrebbe consentire, comunque, alla Corte Costituzionale di rendere una sentenza additiva, idonea ad integrare la disciplina regionale, con conseguente applicabilità della regola del divieto del terzo mandato.

Se il quadro giuridico-costituzionale, che ho molto sinteticamente cercato di delineare, è tanto complesso, non si comprendono le sceneggiate da commedia napoletana cui assistiamo ogni giorno: il Presidente della Giunta Regionale non può lamentarsi di scelte diverse compiute da precedenti governi (ai quali partecipava il suo partito di riferimento ovvero il PD), per altro in contesti normativi assai diversi; né fare la vittima o il “monello” di periferia. Egli dovrà semplicemente affidarsi agli avvocati che sceglierà e all’ufficio legale della Regione, che mi pare composto da professionisti di indubbio valore.

Giuseppe Fauceglia

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