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L’associazione Salerno 1943 richiede il riconoscimento del sommergibile “Velella”

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L’Associazione Salerno 1943 richiede, così come sta accadendo per il sommergibile “Scirè”, che anche il sommergibile “Velella” venga formalmente riconosciuto quale “Sacrario militare subacqueo” nonchè preservato e ricordato affinchè il sacrificio dei 51 marinai inabissatisi con lo stesso non venga dimenticato.

Così come chiarito l’11 luglio del 1998 dall’allora Ministro della Difesa, dott. Beniamino Andreatta, si è ben a conoscenza che l’eventuale recupero di una qualsiasi unità del sommergibile Velella aprirebbe una casistica di difficile gestione in tema di relitti egualmente recuperabili dal fondo del mare. Allo stesso tempo, nel rispetto della consolidata posizione della Marina Militare, in linea con le tradizioni di tutte le Marine del mondo, si è ben a conoscenza che un eventuale recupero dei relitti è considerato un immotivato turbamento del riposo di coloro che hanno donato la vita alla Patria trovando sepoltura nelle sue acque profonde.

Per le ragioni di cui sopra, riconoscere il sommergibile come “Sacrario militare subacqueo” potrebbe rappresentare il substrato normativo su cui finalmente costruire nel tempo, a beneficio della Comunità tutta, un punto formale di ricordo in cui poter condividere una delle pagine più tristi e sanguinose della Seconda Guerra mondiale.

Il sommergibile Velella, varato nel 1937 nei Cantieri Navali di Monfalcone ed assegnato alla 42° Squadriglia Sommergibili di Taranto, era un sommergibile a doppio scafo, lungo 63,14 mt., largo 6,90 mt., armato di siluri, di un cannone da 100 mm nonché di quattro mitragliatrici antiaeree. La propulsione era assicurata da motori FIAT, grazie ai quali poteva raggiungere la velocità di 14 nodi in navigazione di superficie e di 8 nodi in immersione. Poteva raggiungere la profondità di circa 100 mt.

Fu impiegato nel mar Egeo, nel Mar Rosso e sulle coste dell’Africa settentrionale, nell’oceano Atlantico nonchè nel mar Mediterraneo. Nei primi giorni del settembre 1943, ormeggiato nel porto di Napoli, fu destinatario dell’ordine di sbarrare il percorso ad un convoglio nemico impegnato nel risalire le coste tirreniche alla volta di Salerno (cosiddetto “Piano Zeta”).

Il Velella salpò dunque da Napoli il 7 settembre e non ne fece più ritorno. Da quella data e sino al 1948 dell’equipaggio del Velella non si seppe più nulla. Solo nel 1948, una Commissione militare anglo-italiana, riferì in merito alle sorti del Velella e del suo equipaggio. Il sommergibile aveva avuto, infatti, la sventura di incrociare proprio nei pressi di Punta Licosa una squadra navale della Royal Navy composta da due incrociatori, un cacciatorpediniere e un sommergibile.

Come affermato dal Colonnello Gerardo Severino, storico militare già Direttore del Museo della Guardia di Finanza sul blog-lab “Giorni di Storia” da cui traiamo alcuni passaggi della storia del sommergibile, il convoglio italiano ingaggiò battaglia nonostante l’inferiorità numerica per adempiere con coraggio al proprio dovere militare.

Erano le ore 19.53 del 7 settembre quando il Velella e il Benedetto Brin – che si dirigevano verso sud-ovest naviganti in emersione e alla distanza di circa un miglio l’uno dall’altro – passarono accanto al sommergibile inglese Shakespeare. Dei due sottomarini italiani quello a est dello Shakespeare, il Benedetto Brin, non si distingueva sullo sfondo ormai scuro della costa, mentre il Velella, che dal lato occidentale si stagliava contro gli ultimi bagliori del crepuscolo, era facilmente individuabile e raggiungibile. Fu così che alle ore 20.03, il sommergibile inglese, almeno secondo il resoconto del suo comandante, scagliò contro il Velella ben sei siluri, quattro dei quali colpirono l’obiettivo, affondandolo, nella posizione di 40° 15′ N e 14° 30′ E.

Il sommergibile Velella è passato alla storia per essere stato l’ultimo sommergibile perduto in guerra dalla Regia Marina contro gli Alleati. Nessuno dei 51 uomini dell’equipaggio (il comandante, il Tenente di Vascello Mario Patané, 5 altri ufficiali e 44 fra sottufficiali e marinai) si salvò, così come non si salvò il gattino Scheggia che da tempo – ricorda il Colonnello Severino nella sua ricostruzione – allietava la triste vita di bordo.

Soltanto cinque ore dopo il sacrificio dell’equipaggio del Velella, il Generale Eisenhower annunciava su Radio Algeri la cessazione delle ostilità nonchè la firma dell’armistizio con l’Italia.

Secondo alcuni storici militari, quando il Generale Castellano firmò la resa incondizionata a Cassibile cinque giorni prima, lo fece probabilmente all’insaputa dei vertici della Regia Marina, ivi compreso lo stesso Ministro della Marina, Ammiraglio Raffaele de Courten. L’affondamento del sommergibile Velella fu, dunque, un sacrificio inutile e certamente evitabile se solo il Generale Badoglio avesse avvertito in tempo i vertici della Regia Marina.

Il relitto del Velella è stato individuato da un gruppo di esperti subacquei (capeggiati da Rizia Ortolani) a circa 8-9 miglia da Punta Licosa, a 138 metri di profondità e ancora pressoché intatto soltanto il 13 maggio del 2003, a quasi sessant’anni dal suo affondamento. E’ ad oggi ricordato con una targa apposta nel porto di San Marco di Castellabate.

L’APPELLO DELL’ASSOCIAZIONE SALERNO 1943

“L’appello dell’Associazione Salerno 1943 rivolto ai Deputati ed ai Senatori della corrente Legislatura è quello di seguire con convinzione per il Sommergibile Velella lo stesso iter normativo che vede coinvolto il sommergibile Scirè ovvero quello di sensibilizzare l’attenzione -nella denegata ipotesi in cui per peculiarità non si dovesse ritenere applicabile la disciplina giuridica caratterizzante i cimiteri di guerra- sulla possibilità di creare una autonoma figura giuridica che disciplini la posizione dei sommergibili militari e, dunque, anche quella del sommergibile affondato a largo di Punta Licosa.

Il riconoscimento del sommergibile Velella quale “Sacrario militare di guerra subacqueo” ovvero il suo differente inquadramento normativo (nel caso in cui si dovesse optare per l’introduzione nel codice dell’ordinamento militare di una apposita sezione giuridica disciplinante i sommergibili italiani affondati nel conflitto mondiale) comporterebbe l’applicazione al “nostro” Sommergibile delle disposizioni normative militari sui cimiteri di guerra ovvero l’estensione di una disciplina ad hoc che, in entrambi i casi, responsabilizzerebbe formalmente il Ministero della Difesa oltre che gli enti territorialmente competenti.

Da questo substrato normativo, auspicabile in quanto necessario, si potrebbero creare le basi per la costituzione di un museo interattivo in cui ricordare con efficacia i 51 marinai del Velella, vittime inconsapevoli di un evitabile errore strategico che poteva e doveva essere evitato”, le parole dell’ Avv. Vincenzo Pellegrino, Presidente dell’Associazione Salerno 1943.

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