“Si razionalizza la spesa tagliando le strutture che operano sul territorio, centralizzando le competenze presso le città capoluogo”, hanno affermato Donato Salvato, segretario generale della Uil Fpl Salerno, e Carlo Astone, segretario provinciale degli Enti locali della Uil Fpl. “Si può dedurre che gli uffici periferici del Giudice di Pace siano stati considerati improduttivi, rami secchi da tagliare. Ma, successivamente, le strutture che andavano soppresse perché improduttive, improvvisamente sono diventate virtuose, a condizione che alle spese per il mantenimento se ne facciano carico i Comuni”.
Una vicenda su cui il sindacato di categoria ha voluto vederci chiaro, verificando sul campo con quanto impegno ed affanno i sindaci, al fine di scongiurare la chiusura degli uffici, comunque ritenuti indispensabili per chi amministra la Giustizia italiana, si prodighino per garantire la funzionalità.
“Abbiamo, però il dovere di denunciare la grossa ingiustizia che si sta consumando fra il potere centrale dello Stato e i Comuni”, hanno continuato Salvato e Astone. “Ormai da circa un decennio gli Enti, con le varie interruzioni del turnover che di fatto bloccano le assunzioni, stanno riscontrando un notevole incremento delle competenze assegnate. Sono obbligati al rispetto del patto di stabilità interno pena severe sanzioni qualora violato.
Per questo sarebbe stato legittimo attendersi, da parte del Legislatore con l’adozione delle norme che consentono ai Comuni di mantenere aperti gli uffici periferici del Giudice di Pace, di prevedere delle deroghe al blocco delle assunzioni ed ai vincoli del rispetto del patto di stabilità”. Ma nulla di tutto questo è stato previsto secondo la Uil Fpl. “Il dato è sconvolgente se analizziamo i costi a carico dei Comuni che hanno mantenuto attivo l’ufficio del Giudice di Pace e le entrate che lo Stato realizza dagli oneri dovuti dai cittadini che si rivolgono alla struttura”. Così Salvato e Astone hanno preso in esame il “caso Salerno”.
“Qui la spesa a carico del Comune, tra fitto dei locali, stipendi del personale distaccato, costi di telefonia e funzionamento stampanti ammonta a circa 400.000 euro l’anno. Questo ufficio istruisce circa 3.000 cause civili e circa 1.300 cause penali. I tariffari, relativi ai contributi unificati per l’iscrizione a ruolo, nel campo civile sono i seguenti: 43 euro per contenziosi fino a 1.100 euro, 98 euro per contenziosi fino a contenziosi 5.200,00 euro e 237 euro per contenziosi fino a 26.000 euro, oltre a 27 euro di imposta di bollo per ogni pratica. Stabilendo una media fra costi dei contributi unificati fra le tre se ne deduce che per ogni causa lo Stato incassa mediamente 291.000 euro l’anno, frutto di 3.000 pratiche al costo di 97 euro ciascuna.
A ciò occorre aggiungere gli introiti per imposte di bollo dovute per altre pratiche, come ad esempio il rilascio di documenti. Di tali entrate i Comuni non incassano alcunché. Nemmeno Salerno”.
Da qui la protesta del sindacato e l’appello ad Anci e Anpci, associazioni dei Comuni italiani, e al ministro della Giustizia, Marco Minniti. “Rivendichiamo a favore dei dipendenti Comunali assegnati agli uffici del Giudice di Pace, ai quali viene erogato lo stipendio dai rispettivi Comuni, il pagamento dell’indennità giudiziaria a carico del Ministero, atteso che i contratti collettivi Enti Locali non prevedono tale bonus”, hanno spiegato Salvato e Astone.
“Serve discutere del ristoro di una quota dei contributi unificati incassati dallo Stato, finalizzandoli alle spese di gestione sostenute dai Comuni quali fitti dei locali, utenze telefoniche e fotocopiatrici. Queste proposte, se accolte, avranno un effetto positivo sulla qualità del servizio che verrà erogato. Serve un segnale positivo per il mantenimento a livello locale di un importante presidio di Giustizia”.
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