Il suo sguardo prospettico sulla storia, la sua epica riportata alla quotidianità dell’uomo, la sua cultura classica resa in forma universale, ne consentirono un’ambientazione istintiva nella piccola realtà di Minori e della costiera, di cui apprezzò l’ospitalità e l’immediatezza.
Nel momento della sua scomparsa, è doveroso ricordare il suo forte richiamo alla responsabilità (di tutti, e degli scrittori in particolare) nel“preservare ciò che c’è di buono, di vero nella società in cui si vive”, un richiamo all’etica civile che accomuna terre e popoli diversi e distanti, ma che è il senso più autentico dell’esser parte di una comunità.
Ebbe anche modo di manifestare una sua precisa idea su un tema a noi vicinissimo, il turismo, deprecandone la configurazione come di una “trappola” allestita dalle grandi multinazionali in funzione di profitti che vanno per la quasi totalità altrove: della sua patria disse “Abbiamo hotel di lusso a Santa Lucia, ma non abbiamo un museo, un teatro. Perché il governo non inserisce nei contratti una clausola che obblighi le multinazionali a costruire un museo o un teatro?”.
Questa idea di un turismo per così dire “di scambio”, in cui le culture di chi ospita e di chi viene ospitato si compenetrino e si arricchiscano vicendevolmente, è il lascito più rilevante e più forte di Walcott alla Costa d’Amalfi, al cui proposito vale sommamente quanto egli stesso affermava a proposito della cultura in generale: “Se una cultura muore, muore comunque sempre ricca, lascia dietro di sé frammenti che cominciano a fondersi, ad impastarsi con quelli di nuove culture”. Dei frammenti di umanità di Derek Walcott dovrà arricchirsi ancor di più la nostra terra, che egli privilegiò con la sua visita e l’affetto che le volle accordare.
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