Autore di best seller internazionali, nel suo più recente libro tradotto in italiano a settembre 2016, Connectography, egli concludeva: “Stiamo edificando questa società globale in assenza di un leader globale. L’ordine globale non è più qualcosa che possa essere dettato o controllato dall’alto: la globalizzazione è, di per sé, quest’ordine” (521).
Tesi questa, confermata ma in parte anche rivista, all’esito dell’elezione di Donald Trump, dallo stesso autore; il quale, in un nuovo e più recente libro non ancora tradotto in Italia, Technocracy in America, sostiene piuttosto che il degrado delle istituzioni sia stata e sia la causa che, oltre a motivare l’insoddisfazione degli elettori, giustificherebbe ora la transizione da sistemi di “democrazia rappresentativa” a sistemi, che egli definisce, di “tecnocrazia diretta”.
Circa un anno prima, nel 2015, era invece già apparso in Italia un altro importante saggio – autore il celeberrimo ex segretario di Stato americano Henry Kissinger -, con il titolo Ordine Mondiale. Dopo lunga analisi dei fatti storici – connessi alla formazione e al mantenimento della pace di Vestfalia (1648) tra le allora nuove formazioni di Stati nazionali -, e soprattutto la lunga esperienza maturata sul campo delle relazioni tattiche e strategiche globali, il politologo concludeva sull’imminente e improcrastinabile “imposizione (di) una revisione del concetto di equilibrio di potere”. E ciò, a motivo di tre “importanti” condizioni o stati che non sarebbero stati più in grado di garantire “un compromesso”, in cui “è l’essenza dell’arte di governo”, tra “potere e legittimità”.
Tre cause, che mediante la traduzione italiana, sono definiti “aspetti”:
1) la natura dello Stato stesso. A tale proposito, Kissinger evidenzia: “L’Europa si è proposta di trascendere lo Stato e di costruire una politica estera basata principalmente sul soft power e sui valori umanitari”;
2) il contrasto reale tra l’organizzazione politica e quella economica del mondo. In breve: “Il sistema economico internazionale è diventato globale, mentre la struttura politica del mondo continua a essere basata sullo Stato-nazione”;
3) l’assenza di un efficace meccanismo per la consultazione tra le grandi potenze e una loro eventuale cooperazione sulle questioni più importanti. In pratica, potremmo dire, ognuno per sé e “nel migliore dei casi, una discussione delle questioni tattiche in sospeso; nel peggiore, tutto si riduce a una nuova forma di vertice come evento da social media” (365-368).
Forse che anche la nuova Amministrazione di Trump abbia giudicato tali condizioni o stati incapaci di mantenere quel “compromesso”, che Kissinger evidenzia come imprescindibile? Un esempio? La situazione in Siria.
Edito negli Stati Uniti nel 2008, nell’edizione italiana del 2009 dal titolo I tre imperi (2009), a proposito della Siria, Parag Khanna scriveva: “‘Tutta l’importanza della Siria le viene dall’essere un interlocutore obbligato’ spiega un consultant politico libanese, ‘ad Assad e ai suoi basta apparire influenti. Soprattutto vogliono essere gli interlocutori degli americani … Soltanto per fotterli: qualunque cosa dicano gli americani, loro fanno esattamente il contrario’” (296).
Questo, Parag Khanna rappresenta in premessa di discorso, per poi concludere: “Solo l’Unione Europea, che è attualmente alla guida della missione di peacekeeping sul confine Libano-Israele, può aprire a questa regione grandi opportunità di miglioramento del suo potenziale di scambi, turismo e trasporti, secondo il modello già in corso nel Maghreb. Questo perché l’integrazione della Turchia in Europa pone quest’ultima a stretto contatto geografico con quei paesi che ha abbandonato mezzo secolo fa: la Siria, l’Iraq e l’Iran” (297).
Questo, ripeto, scriveva Parag Khanna circa nove anni fa. E quindi, dopo il lancio dei missili “di” Trump, direi piuttosto che non resta altro che riconoscere che il tentativo allora auspicato, almeno a oggi, è: fallito! Ma, sperando sempre in bene, la storia continua …
Angelo Giubileo
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