Indagati anche i due funzionari della Provincia, Paolo D’Incecco e Mauro Di Blasio, più il dipendente del comune di Farindola, Enrico Colangeli. Di Tommaso, il direttore del resort, dovrà rispondere di omissione del collocamento di impianti, apparecchi o segnali destinati a prevenire disastri o infortuni sul lavoro: non avrebbe previsto nel Documento di valutazione del rischio per la sicurezza e la salute dei lavoratori della sua ditta il rischio di essere colpiti da una slavina.
Per tutti gli altri l’accusa è di omicidio colposo plurimo e lesioni colpose. Secondo l’ipotesi dei magistrati Cristina Tedeschini e Andrea Papalia l’accesso all’hotel avrebbe dovuto essere lasciato libero dalla neve, motivo per cui sotto accusa sono finiti anche il presidente della Provincia e il sindaco di Farindola.
Gli avvisi di garanzia non bastano però ad Alessio Feniello, padre di Stefano, una delle 29 vittime: “Dove sono i nomi del Prefetto di Pescara e del governatore dell’Abruzzo?”, si chiede, dicendosi “imbufalito”. Feniello è però in parte anche “soddisfatto” perché la sua “tesi nei confronti del sindaco, uno dei responsabili di quella tragedia, era corretta”. Stefano Feniello, 28enne originario di Valva, nel Salernitano, era in vacanza a Rigopiano per festeggiare il compleanno con la fidanzata, Francesca Bronzi, scampata alla tragedia. Il nome del giovane, due giorni dopo la valanga, era stato inserito dalla Prefettura in un elenco di nomi di cinque superstiti che sarebbero arrivati a breve in ospedale: la notizia alimentò la speranza del padre, il quale scoprì poi che si era trattato di un errore.
Fonte Tgcom
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