E’ stato il Ministero ad impugnare le due sentenze del Tar che la scorsa settimana hanno provocato un terremoto nel sistema culturale del Paese, decapitando dei rispettivi direttori cinque grandi musei: le Gallerie Estensi di Modena, il Museo archeologico nazionale di Taranto, il Museo archeologico nazionale di Reggio Calabria, il Museo archeologico nazionale di Napoli e il Palazzo Ducale di Mantova.
Convinto che le norme fossero legittime e conformi alle previsioni di legge, è stato il ministro per i Beni Culturali Dario Franceschini a volere l’impugnazione immediata delle due sentenze del Tar al Consiglio di Stato.
Prima ancora del giudizio di merito, il ministero, tramite l’avvocatura dello Stato, ha chiesto che il presidente del Consiglio di Stato, con un provvedimento monocratico, disponesse la sospensiva urgente delle sentenze del Tar, e che il provvedimento fosse poi confermato in sede collegiale. Quattro i punti fermi del ricorso: della controversia si dovrebbe occupare il giudice civile e non quello amministrativo; il Tar avrebbe dovuto respingere alcuni motivi del ricorso di primo grado, con cui è stata prospettata la presenza di alcuni vizi del procedimento di nomina dei direttori.
E ancora: il Tar avrebbe errato nel ritenere illegittimo lo svolgimento della prova “tramite skipe” di alcuni partecipanti alla selezione, sia perché non sarebbe stata formulata una formale censura col ricorso di primo grado, sia perché di per sé non si sarebbe verificata in concreto alcuna lesione al principio della trasparenza degli atti del procedimento di nomina; il Tar, infine, avrebbe dovuto respingere alcune censure al procedimento o, in subordine, avrebbe dovuto sollevare una questione pregiudiziale innanzi alla Corte di Giustizia della Unione Europea.
Esaminato il caso, il presidente di sezione del Consiglio di Stato ha ritenuto, “per la particolare urgenza delle questioni sollevate dal Ministero”, di fissare la camera di consiglio del 15 giugno per l’esame collegiale della richiesta di sospensiva, “con riduzione del termine ordinario” previsto per casi del genere. Per questo, considerata la data vicina dell’udienza collegiale, non ha ritenuto di concedere, con proprio provvedimento monocratico, la sospensiva urgente, sia perché “non risulta opportuna la modifica della situazione attuale (il che condurrebbe ad un incongruo alternarsi degli organi titolari di funzioni pubbliche)”, sia perché “le delicate questioni oggetto del giudizio esigono il dovuto esame nell’ordinaria sede collegiale, nel rispetto del principio del contraddittorio”.
Commenta