A dirlo a Repubblica Domenico Diele, l’attore finito in carcere con l’accusa di omicidio stradale dopo aver travolto ed ucciso la Salernitana Ilaria Dilillo di 48anni sulla A2.
Parla continuamente del braccialetto elettronico che gli permettera di andare ai domiciliari: “Il braccialetto: perché non arriva? Come mai non ce ne sono?”. E poi dalla sua vita devastata dice, idealmente, ai ragazzi: “Non fate come me. Non pensate che la droga sia una cosa da niente. Anche se io so che l’incidente maledetto non è successo per quello”.
Aveva fatto uso di droghe, secondo la polizia (test positivi a cannabis ed eroina), era certamente senza patente (già sospesa) e con l’assicurazione scaduta, e nonostante questo aveva fatto in auto, con la sua Audi A3, da Roma a Potenza e da Potenza a Roma, per il matrimonio di un cugino.
“Lo so, pagherò tutto”, mormora adesso Diele all’europarlamentare di Fi, Fulvio Martusciello, in visita all’istituto dove un mese fa c’era stata una rissa tra detenuti, e dove ora trova un clima “di grande professionalità e ordine. E c’è attenzione ai singoli, tutti, sia da parte della direzione, che della polizia penitenziaria”. Diele non rinuncia a parlare. “Avrò un processo, pesano i miei errori. Ne ho commessi. Ma il giudice ha deciso di mandarmi agli arresti domiciliari, otto giorni fa. Non posso andarci, mi spiegano, finché non arriva questo anello con un microchip che ti mettono addosso. È vero che non se ne trovano, che ce ne sono così pochi?”.
“Non posso dormire la notte. Non ci riesco”, dice l’attore a Martusciello. “Mi vengono incontro quelle immagini, anche se non ci capisco niente. Io resto convinto, l’ho detto e ridetto alla polizia e al giudice, che non c’entrava la cannabis, non c’entra la roba che avevo assunto giorni prima. C’entra la maledetta assurda circostanza che mi sono forse chinato a vedere un cd sul display”.
Il suo conforto? “Sono venuti a trovarmi mio padre, mia madre, mio fratello che fa l’avvocato”. Una volta sola ha visto la sua fidanzata, una storia semplice, tenuta riservatissima, con Lavinia. “I miei mi hanno portato libri di storia, i Romani, cose antiche – accenna un mezzo sorriso – Però, quando sarà possibile, andrò ai domiciliari con mia nonna”.
A Roma, l’anziana e volitiva signora ottantenne rappresenta per Diele “il ricordo di un’infanzia felice a Siena”. Poi, i mille provini, la fatica, l’approdo nel cinema d’autore, finalmente i primi successi. Tutto devastato dall’omicidio stradale. “Quando ho cominciato con le droghe? A Roma”. Si incupisce, basta. Tutto all’aria (anche) per la sua dipendenza da cannabis, eroina, forse coca, altra sostanza che gli hanno trovato in macchina. “Non devono fare come me. Ecco cosa vorrei dire ai ragazzi. Ma io, ora, non possono dare consigli”.
Si sveglia la notte e si rasa i capelli, il rimorso.