La mia, sempre breve, esperienza mi dice che, morto il comunismo – anche se qualcuno stenta ancora a farsene una ragione -, sul campo politico restano comunque due “visioni” della vita, che, per estrema semplificazione, diremo liberale e socialista. Condivido, nell’era dei social networks, quanto in proposito sottolineato altre volte, e cioè che, come per Erich Fromm (1900-1980), ritengo che il socialismo o è coscienza dell’utopia o non è.
La qual cosa significa innanzitutto che socialista è colui il quale adotta, per se stesso, una prospettiva di cambiamento dello stato attuale delle cose e quindi vive continuamente questa tensione tra ciò che è e ciò che io e l’altro (l’io-sociale) vorremmo che sia. E dunque, il passaggio dall’io al noi caratterizza la volontà, che diventa quindi comune, di cambiare le cose per quelle che attualmente sono. In definitiva, non è socialismo se non assume una prospettiva, sì reale e non a parole, di cambiamento.
A mio giudizio, in questi anni – cosiddetti di crisi – questa prospettiva di cambiamento ha ceduto il passo alla diversa prospettiva della condivisione (talvolta minore o maggiore) dello status quo; essenzialmente, per una ragione che è stata – ma che ancora deve sembrare – necessaria: in fondo, andava (ancora) bene così.
Rispetto alla logica evoluzionistica del predatore-preda, del servo-padrone hegeliano, e ancora rimodellata dell’etica-del-conflitto di Stuart Hampshire (1914-2004), quella che è prevalsa è stata, anche a sinistra, la logica originaria (stabile e risolutiva) dell’adattamento. Attraverso un regime caotico che, fino a quando ha retto e ancora regge, è stato in grado di garantire maggiori margini (spazi o confini) di libertà.
Il breve responso – dal paradigma del Deus otiosus, assunto in Italia e non solo, come si diceva – è stato: “basse produzioni e alti consumi”. In pratica, a parte la risolta questione beveridgeana (W. Beveridge 1879-1963), fintanto almeno che dura, della sicurezza sociale – ovvero niente più guerre in Europa -, per i sistemi di previdenza sociale, l’assunzione del nuovo (ma ancor vecchio) paradigma ha invece significato l’abbandono progressivo del modello, viceversa bismarckiano (O. von Bismarck 1815-1898) e in voga in tutta Europa dalla fine dell’Ottocento, del welfare state.
E pertanto, ritorneremo a parlare sempre delle stesse cose, così come di libertà e di uguaglianza, ma senz’altro con una maggiore consapevolezza relativa al fatto certo che, a parte la considerazione di certa sinistra (come di certa destra), la Terra non è piatta.
Buona estate a tutti!
Angelo Giubileo
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