Nel pieno rispetto delle religioni, delle tradizioni e dei costumi, la messa del settimo (come ricorda il Direttorio su pietà popolare e liturgia al nr. 255, è il modo cristiano di ricordare e prolungare, nel Signore, la comunione con quanti hanno varcato la soglia della morte) va intesa come un pensiero nei confronti di un familiare, di una persona che è riuscita a toccare i nostri cuori di pietra, nella speranza e nell’annuncio che la vita vince sempre.
Non sappiamo quando sono morte, né sappiamo il perché di questa tragedia, ma vogliamo contare i sette giorni della loro rinascita in cielo da quando la nave ha attraccato al porto di Salerno. Perché la forza della vita, le lacrime di un bambino, le sofferenze di un padre e di una madre sono le facce della stessa medaglia che riconduce l’uomo verso l’anelito di bene supremo a cui tutti dovremmo tendere.
Abbiamo scelto come simbolo per loro, un fiore: il bucaneve o “stella del mattino”, che è ritenuto simbolo di speranza e di consolazione, di passaggio dal dolore a un nuovo inizio per via dello sbocciare di alcune sue specie quando il clima è ancora freddo, spingendo le foglie attraverso il suolo ghiacciato dalla neve, di solito prima del secondo giorno di febbraio, giornata per la vita (Candelora).
Perché la solidarietà di questi giorni o le varie prese di posizione non sia solo un fenomeno di tendenza, ma che la tragedia aiuti altri cuori disperati a trovare un domani migliore. Siamo pronti a piangere e a slanciarci il giorno dopo, dovremmo preoccuparci di intervenire il giorno prima.
Vorrei sapere chi ha scritto queste parole, io non sono fratello di questa gente e non provo pietà per loro, si sono messi in pericolo di loro spontanea volontà.