Un evento ormai imperdibile per gli universitari, ora patrocinato anche dal CUS, ente sportivo votato alle attività ricreative del campus, e dalla città di Baronissi, che già ospita sul suo territorio svariate manifestazioni durante il corso dell’anno. Il ‘leit motiv’ del festival il medesimo di sempre: stimolare sia il confronto culturale che l’aggregazione dei giovani, introducendoli alle nuove arti digitali, visive e sonore e, forse, provando ad allontanarli dal loro continuo rifugiarsi nei propri ‘schermi neri’. Gli stessi di televisori, computer, tablet e, soprattutto, smartphone.
#BlackMirror è il concept della sesta edizione di Unibeat. L’uomo moderno è circondato da dispositivi elettronici, oggetti di uso quotidiano, pronti a sostituire la maggior parte delle sue attività. Un movimento generale di virtualizzazione investe non solo l’ambito dell’informazione e della comunicazione, ma anche il corpo, i parametri collettivi della sensibilità e l’esercizio dell’intelligenza. #BlackMirror rappresenta un fenomeno di attrazione e repulsione, di riconoscimento e di allontanamento. Lo specchio nero riflette l’essere umano in un modo persino deformato, seppur verosimile: ciò che siamo o ciò che, probabilmente, potremmo essere.
Un concept come #BlackMirror rinvia, inoltre, ad alcuni linguaggi sonori contemporanei, in costante mutamento, accomunati dalle diverse tonalità di nero. Main act di venerdì 8 dicembre il duo electro Aux 88. La loro carriera, al pari della loro discografia, è sotto gli occhi di tutti. Nell’arco di tre decadi, Keith Tucker e Tommy Hamilton si sono cimentati in diversi esperimenti e collaborazioni, con importanti contributi per la scena di Detroit e singolari show audio-video in tute da metalmeccanici. Una carica esplosiva propria anche di Gary Gritness, giovane polistrumentista di Nancy, armato di tastiera a tracolla e vocoder, folgorato sulla via del funk elettronico.
I due performer dal vivo saranno affiancati da altrettanti dj, pronti a movimentare al meglio la pista, cioè Rawmance e Mariiin. Il primo, parigino di nascita e romano d’adozione, ex colonna portante del negozio di dischi Ultrasuoni Records, è autore di mix in cui ambient, downtempo, drone e techno si fondono e si confondono solco dopo solco. La seconda, italiana residente a Leeds, è da sempre affascinata dal mondo della notte, ma attiva con il giradischi soltanto da qualche anno, con diverse esperienze in consolle con ‘colleghe’ del calibro di Ellen Allien, Miss Kittin e Nastia.
Sabato 9 dicembre saliranno sul palco di Unibeat gli storici Clock DVA, precursori dell’estetica cyberpunk in note, guidati da Adi Newton, fautore di un progetto tra electro, industrial e post-punk. Stili che hanno fatto anche parte del background sonoro di I-F, o Interr-Ference, una delle figure centrali dell’elettronica olandese. I suoi trascorsi con gli Unit Moebius, l’electroclash, lo studio quasi filologico dell’italo disco, la quotidianità della radio Intergalactic FM lo hanno reso celebre ben oltre i Paesi Bassi, gradita presenza nei cartelloni dei migliori festival internazionali.
Filippo Diana è, invece, un autentico outsider, con all’attivo una singolare release quali “Nemesi”, dagli immediati rimandi cinematici. Non è un compositore di colonne sonore, non è un autore di librerie musicali: la sua identità è avvolta nel mistero, così come la sua performance dal vivo. A Unibeat la prima in assoluto. Per veri intenditori. Come Francesco Leone, un collezionista di dischi wave e EBM, già collaboratore di eventi legati alle arti elettroniche, tra cui il festival Flussi.eu. I suoi dj-set spaziano dal post-punk alla synthwave, con fughe electro e altre malinconie dark.
Musiche per schermi neri, ma con le idee chiare.
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