Associazione ‘Io Salerno’: il Porto – gioia e dolore?

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Sono stati diffuse, in questi giorni, le prime rilevazioni sul traffico mercantile sviluppato dallo scalo nel corso dell’anno 2017.

Si stima una movimentazione compresa tra i 420.000 e i 430.000 containers calcolati in teu che, lo precisiamo per i non addetti ai lavori, è l’unità di misura corrispondente ad un contenitore della lunghezza di 20 piedi, pari a circa 6,1 metri.

Sono numeri di grande soddisfazione, circa il 13% in più rispetto al 2016, ai quali vanno ancora aggiunti quelli relativi ai passaggi dei vettori roll-in/roll-out, stimati in circa 210.000 transiti, ai trasporti di auto e delle merci alla rinfusa.

Il porto è prova di “grande efficienza” e costituisce una indubbia “ricchezza” per la Città, in termini di lavoro e occupazione, grazie alle molteplici attività che “girano” intorno ad esso.

E’ fuor di dubbio, però, che le carenze infrastrutturali, di cui abbiamo già parlato nei precedenti interventi (cfr. salernonotizie.it – 19/04/2017, 11/10/2017), possono condizionare notevolmente il suo sviluppo e costituiscono, collateralmente, un grave pericolo per la qualità della vita della intera comunità.

Basti una riflessione. Sulla base di questi dati, applicando la equivalenza un container=un camion, la movimentazione in entrata e uscita avrebbe comportato il passaggio di almeno 600.000 automezzi, tra contenitori e ro-ro, oltre a un numero imprecisato di bisarche, per le auto, e camion, per le merci varie. Cioè, quotidianamente, almeno 1.900 vettori!

Il dato ci spaventa, soprattutto per il domani. Ci auguriamo di essere in errore e, per questo, confidiamo nella rettifica da parte degli esperti.

In ogni caso, sappiamo tutti che, come dicono i Francesi, il nostro porto è situato in un “cul de sac”. E sappiamo tutti che da un “cul de sac” non è agevole uscire.

Lo sapevano certamente anche quelli che decisero di destinare lo scalo al traffico mercantile e realizzarono quell’esempio di alta ingegneria, ma anche di oltraggio ambientale, costituito dal viadotto Gatto sul quale, oggi, pesa l’intero traffico da/verso i caselli autostradali. Perché altra via non c’è.

Di recente, alcuni eventi strutturali hanno alimentato preoccupazioni sulla sussistenza dei requisiti di sicurezza che un’opera così ardita, e così profondamente sollecitata, deve offrire.

Secondo notizie di stampa della scorsa estate, il responsabile tecnico del Comune, ascoltato in Commissione Trasparenza, avrebbe riconosciuto l’urgenza di puntuali accertamenti, mai disposti fin dalla data di costruzione, rappresentando tuttavia la loro onerosità e la indisponibilità di adeguata copertura finanziaria (cfr. salernonotizie.it – 05/08/2017).

Non ci risultano aggiornamenti, ma non dubitiamo dell’impegno dell’Amministrazione su tale argomento poiché sarebbero gravissime le responsabilità in conseguenza di qualche malaugurato accidente.

Ora, sulla base di tali presupposti, ci sembra giusto pensare a cosa potrebbe mai succedere se le verifiche dovessero rendere indispensabili lavori di manutenzione complessi e duraturi. Si fermerà il traffico?

Perché il percorso alternativo, di cui alle due gallerie del Cernicchiara, non procede con la necessaria celerità e sembra che i “lavori di avanzamento” siano praticamente fermi da mesi al 45% del totale, secondo alcuni, al 60%, secondo altri. Sarebbero in corso, dicono, solo operazioni di messa in sicurezza (salvo errore).

Così, non ci appare fuori luogo ipotizzare un concreto rischio di stallo. Cioè, potremmo avere i containers fermi sulle banchine perché non trasportabili fuori Città, a meno di passare per qualche corsia del lungomare.

Per scongiurare il pericolo di una tale devastazione dei luoghi e dell’ambiente, noi pensiamo che il dinamismo degli operatori marittimi privati debba indurre la parte pubblica ad avviare un immediato “confronto” con tutte le parti interessate per affrontare in via “risolutiva” il dilemma che alimenta da sempre i discorsi sul futuro dello scalo di questa Città e, cioè, decidere se: 1) confermare la sua posizione; 2) dare corso alla sua delocalizzazione.

Affrontiamo la prima alternativa, riservandoci di intervenire, Mercoledì prossimo, sulla seconda.

Se il porto deve restare dove si trova, riteniamo si ponga seriamente il problema dei tempi di completamento delle gallerie del Cernicchiara.

L’opera, come noto, fu avviata nel 2013 sulla base di un progetto elaborato dallo Studio Pica Ciamarra, vincitore del Bando di Gara, che prevedeva una infrastruttura con tripla funzionalità: accesso commerciale al porto, accesso ovest alla Città per il traffico ordinario, accesso pedonale ai quartieri alti del Centro Storico con la realizzazione di tre nuove fermate della metropolitana: “Edifici Mondo”, “Porto-Olivieri” e “Porta Ovest”.

Il progetto, a servizio anche dello sviluppo turistico, era incentrato su tronchi viari all’aperto e in galleria che avrebbero in parte sostituito la parte alta del viadotto Gatto consentendo l’abbattimento del tratto più esteticamente invasivo e più strutturalmente pericoloso.

L’opera ha assunto, poi, una diversa impostazione per renderla funzionale alle sole esigenze portuali.

I fatti successivi sono noti. Sono noti i problemi della Tecnis ed è noto il pericolo di un ritiro dei finanziamenti a copertura della spesa.

Per tali motivazioni, noi pensiamo che non possa ipotizzarsi un veloce riavvio dei lavori anche perché, come da dichiarazioni pubbliche, il cantiere dovrebbe prima essere acquisito da altra società eventualmente interessata a proseguire le opere. Tempi presumibilmente molto lunghi.

A questo punto, a difesa delle attività portuali e della vita della Città, riteniamo sia necessario verificare possibili soluzioni alternative.

Escludendo fantasiose strade sottomarine, noi pensiamo che il progetto più razionale, già argutamente proposto da un tecnico illuminato, sia quello incentrato sulla costruzione di una nuova galleria, “SOLO FERROVIARIA”, tra lo scalo e l’area nocerino-sarnese, con prosecuzione fino all’interporto di Nola-Marcianise. Una copia della “galleria Santa Lucia”, lunga oltre 10 Km, che assolve la stessa funzione, per i treni passeggeri, tra la nostra stazione e la linea a nord del Vesuvio.

Un collegamento da  realizzare a quote bassissime, che non sarebbe di ostacolo alle falde, non sarebbe invasivo rispetto al territorio, sul quale far transitare convogli formati da vagoni con le nuove sagome europee in grado di caricare/scaricare i container direttamente sotto le gru eliminando o limitando lo stazionamento delle merci nell’area portuale.

La linea potrebbe mettere in rete i tre porti dell’Autorità del Mar Tirreno Centrale, cioè Napoli, Castellammare e Salerno, con riferimento all’unica grande area di stoccaggio di Nola-Marcianise ove sarà operativo, secondo i progetti in corso di realizzazione, il corridoio 5 della TEN-T per i collegamenti con il Nord Europa.

Per quanto detto sui problemi del Cernicchiara, forse ci sono ancora i tempi giusti per predisporre il progetto, ottenere i finanziamenti e realizzare l’opera.

Peraltro, la intervenuta fusione tra FF.SS. e Anas consentirebbe di assegnarne la realizzazione alla nuova società nell’ambito del piano di sviluppo dei trasporti nazionali o di specifici finanziamenti per le nuove reti.

Non mancherà a politici e tecnici la capacità di individuare le giuste coperture.

Per le gallerie del Cernicchiara, chiariti gli aspetti giudiziari, si potrebbe quindi riaprire il discorso su un loro più idoneo utilizzo anche a favore dello sviluppo turistico della Città.

Noi pensiamo che questo progetto non sia né ingenuo né fantasioso, perché il problema esiste ed esisterà ancor più, nei prossimi anni, in conseguenza della auspicata crescita delle attività portuali.

Il Porto, punto di forza della Città economica, non può divenire un incubo per la comunità.

Questa Comunità ha bisogno di amore.

Associazione Io Salerno – Officina di Pensiero

(a Mercoledì prossimo)

1 Commento

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  • Le vicende riguardanti le infrastrutture per la mobilità dei mezzi a servizio del porto commerciale, “realizzate” o “soppresse” o “ancora in fase di completamento”, danno un’idea del comportamento abnorme, direi quasi “schizofrenico”, tenuto negli ultimi decenni dalla comunità delle persone, sia del settore pubblico che di quello privato, interessate e coinvolte per lo sviluppo del porto stesso.
    Anni fa esso era un sorgitore quasi a carattere locale dove prendevano ricovero al massimo pescherecci di alto mare e traghetti per le isole, nonché piccoli natanti per trasferimento di merci lungo rotte limitate.
    Poi venne giustamente deciso che la struttura dovesse assumere dimensioni più importanti e, dopo lunghi e travagliati confronti fra coloro che volevano delocalizzare e coloro che ritenevano più utile e fattibile lasciarlo in situ con opportuni potenziamenti, prevalse quest’ultima tesi. Il problema della viabilità al contorno fu inizialmente ritenuto di minore priorità. Eppure il poco spazio esistente e le difficoltà rappresentate dalla presenza del costone alle spalle del porto avrebbero dovuto sensibilizzare maggiormente chi di dovere sulla importanza del problema. Per tanti anni si è contato sul binario che percorreva il lungomare. Assurdo!!, soprattutto mentre si invocava di curare il decoro dell’ambiente cittadino e del fronte a mare, in fasi successive allargato e ingentilito da aiuole e alberi. La sua soppressione è avvenuta senza sostituzione!!
    Per i veicoli su gomma si è pensato al viadotto Gatto. Bruttura indescrivibile, poco funzionale dato che avvia tir e grossi mezzi verso le strettoie degli imbocchi autostradali, e ora anche fonte di preoccupazioni per precarie condizioni riguardanti le parti strutturali.
    Tutti attendono ora la Porta Ovest. Intanto il suo sbocco a monte sarà quasi un duplicato di quello precedentemente citato del Viadotto Gatto. Quindi è lecito formulare qualche dubbio. Ma poi le vicende giudiziarie e imprenditoriali non cessano di interferire sull’avanzamento dei lavori. Infine sono rimasto molto sorpreso quando ho letto una dichiarazione del dr. Spirito: “La Porta Ovest è la nostra croce: paghiamo la crisi Tecnis e le progettazioni errate”. Cosa si deve intendere per questa affermazione? Forse che ci saranno altre interruzioni per motivi tecnici?
    Sono ormai quasi da quindici anni che ho illustrato in varie sedi e su diversi mezzi di informazione la mia idea progettuale. il presupposto era ed è che il porto deve andare a cercare le indispensabili aree retroportuali superando gli impedimenti della circostante orografia con trafori che, percorsi da bretelle ferroviarie e viarie, consentano poi di creare facili collegamenti diretti del porto mercantile con le rispettive reti nazionali a lunga percorrenza. L’area individuata: l’Agro Nocerini-Sarnese.
    Ora invece ci si avvia all’utilizzo della Porta Ovest che in parte ha recepito l’idea, ma con un orientamento differente, senza contare le riserve di cui sopra.
    Quanto al tema della ferrovia, sembra che non venga ritenuto di prioritaria attualità. Ogni volta che si presentano i dati sull’efficienza del sistema portuale salernitano, invero più che lusinghieri date le oggettive difficoltà esistenti, si invocano sempre e solo, ai fini degli ulteriori auspicati incrementi di produttività della struttura, l’allargamento dell’imboccatura, lo scavo dei fondali, l’allungamento dei moli, ecc. A volte si accenna alla necessità del raccordo ferroviario, ma nessun concreto avvio viene dato per una adeguata soluzione del problema. Eppure si tratta non solo di creare una valida alternativa al trasporto su gomma, ma anche di stare al passo coi tempi, visto che il trasporto su rotaia si è ormai avviato ad essere fortemente competitivo su tutti i fronti.

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