Sono passati altri dieci giorni dall’elezioni, o meglio dall’esito dell’elezioni politiche del 4 marzo scorso.
E siamo ormai a 65 giorni, senza l’idea precisa di un progetto di governo, che sia esso stesso politico, istituzionale o tecnico.
E allora proviamo a fare chiarezza almeno su ciò che non è stato, oltre che su quello che potrebbe accadere e piuttosto è lecito attendersi.
Innanzitutto, occorre smontare l’alibi che in Germania sono occorsi circa sei mesi per fare un governo nel pieno esercizio dei poteri. Noi non siamo la Germania, e questo vuol dire essenzialmente che:
1) nostro è l’ingente peso del debito pubblico tendenzialmente crescente – che mette di nuovo a rischio la tenuta dei conti pubblici in previsione della scadenza della perdurante manovra di quantitative easing messa in opera dalla Bce da circa un triennio;
2) nostre sono le difficoltà strutturali, ovvero di sistema, di uscita da una crisi economico-sociale di lungo periodo – che nel corso della seconda Repubblica ha prodotto e continua a produrre: perdita ingente di quote di mercato internazionale, minore occupazione e maggiore disoccupazione economica compensate in quota-parte da misure di sostegno e assistenza pubbliche per la maggior parte improduttive, alienazione del patrimonio pubblico;
3) nostre, soprattutto, sono le difficoltà passate presenti e future nell’affrontare una crisi migratoria, in larga parte dal sud del mondo, che senz’altro non ha eguali nella storia, considerato che la popolazione mondiale è passata dal 1950 a oggi da circa 1,5 miliardi a oltre 7,5 miliardi di persone, con previsioni per metà secolo in crescita e intorno ai 10 miliardi.
Prima conclusione: fuori dall’Europa? Non se ne dovrebbe parlare nemmeno, tanto sia stupida e sciocca l’idea di poterne in qualche modo fare a meno.
Far parte dell’Europa, e a oggi dell’Unione Europea, significa quindi una necessità che occorrerebbe affrontare nel migliore dei modi possibili. S’intenda, anche per noi cittadini italiani ed europei. E quindi, la prima cosa sarebbe quella di fare almeno un governo che agisca nel pieno dei poteri e quindi nell’interesse dei cittadini, chiamati regolarmente alle urne lo scorso 4 marzo. E dunque, seconda questione prioritaria, in qualche modo latente e che ci accompagna dall’uscita nel 2011 del governo Berlusconi dalla scena politica italiana e soprattutto europea, e che ora emerge di nuovo. E allora, chiediamoci: quanto vale il voto degli italiani?
Sondati soprattutto gli umori – così è sembrato, altro che politica – cangianti dei Cinquestelle, ora da parte per volontà e incapacità propria nel condurre un dialogo politico e istituzionale; sembra che al Presidente della Repubblica non restino che due possibilità. La prima, affidare un incarico a una personalità “terza” per la formazione di un governo “tecnico” o “istituzionale” o “del Presidente” – chiamatelo come vi pare, comunque si tratterebbe di un governo non dichiaratamente politico e cioè frutto di un accordo di maggioranza tra forze politiche. La seconda, dichiarare l’incapacità – sia chiaro: l’incapacità e non l’impossibilità! – delle forze politiche di formare un governo, e quindi procedere all’indizione di nuove elezioni politiche.
Seconda conclusione: quale dovrebbe essere il governo che – in questa seconda e comunque al momento malaugurata ipotesi, salvo che i cittadini sappiano poi risolverla al prossimo voto con decisione e fermezza – eventualmente ci conduca a nuove elezioni?
Caro Presidente Mattarella, è difficile pensare che possa essere ancora il governo Gentiloni, a maggiorana del Pd, attualmente ancora in carica per l’ordinaria amministrazione. Lunedì prossimo, sondati di nuovo gli umori dei politici e sempre che il clima non muti, direi che è tempo ormai di affidare un incarico a un politico della coalizione di centrodestra – uscita vincente dall’elezioni dello scorso 4 marzo – per il tentativo di formare un nuovo governo. Come, penso, sarebbe giusto che sia, altrimenti il nostro voto, il voto di noi cittadini, a che vale?
Angelo Giubileo
giusta considerazione, è ora che i 5 stelle vadano a gridare ed insultare i rivali politici, questo sanno fare, governare è una cosa diversa, ritornassero sulla scena politica fra 10 anni quando saranno più maturi e meno presuntuosi. che delusione. hanno illuso i ragazzi meridionali col reddito di cittadinanza, anche loro sapevano che era utopistico, ma per i voti tutto si può promettere, falsi e disonesti.