Avevamo avuto da poco il telefono. Una grande emozione. Un “coso” nero, dalla forma improbabile, con una rotella numerata, che ci faceva parlava con gli amici senza gridare da sotto. E faceva chiacchierare la mamma con la dirimpettaia anche quando non stava sul balcone a stendere i panni.
Era un Duplex, però. Costava meno. Ma era una guerra. Perché la vicina lo usava in continuazione. Ad ogni ora. E se c’era una telefonata urgente, era necessario bussare alla porta per chiedere di posare la cornetta. “Sempre con cortesia”, ci raccomandava la mamma.
Oggi queste cose fanno sorridere. La libertà della conversazione telefonica è uno dei capisaldi del nuovo mondo tecnologico e, per i millennials collegati in rete, rappresenta l’esercizio irrinunciabile di un diritto per il quale si è disposti ad ogni sacrificio.
La “comunicazione per tutti” è una componente fondamentale della vita delle moderne comunità.
E poiché anche la velocità ne è una componente, ciascuno è portato a fornirsi delle tecnologie più avanzate e a discettare di Byte, di Gigabyte, di Terabyte, con riferimento al “peso” dei testi, e di 3G o 4G, con riferimento alla “velocità” della trasmissione, pur senza conoscerne il significato concreto ma solo apprezzandone gli effetti pratici nel corso dei collegamenti.
La scienza, del resto, ci mette del suo. E, così, le reti di trasmissione sono sottoposte a continui aggiornamenti con metodologie che moltiplicano esponenzialmente i dati trasmessi e velocizzano, sempre esponenzialmente, il loro trasporto.
Ultime arrivate, in ordine di tempo, sono le reti in fibra ottica che, come per quelle vecchie in rame, necessitano di essere interrate e collegate alle centrali attraverso una miriade di “giunti di connessione”.
E, quindi, le nostre Città sono trapanate, scavate, segate, tagliate per assicurarne il cablaggio, ossia per collegare ogni suo quartiere, in circolo, attraverso le reti.
E, quindi, le nostre strade sono invase da “armadietti ripartilinea” atti a interconnettere le tratte “telefoniche principali”, dalla centrale agli armadietti, alle tratte “telefoniche secondarie”, dirette agli utenti, solitamente passando attraverso “chiostrine di distribuzione”, ultimo punto di congiunzione prima dell’accesso alle sedi degli abbonati.
In Città, sono presenti molti armadietti della specie.
Ci sono quelli della Tim, con il tettuccio rosso, e quelli delle altre società che hanno deciso di offrire i propri servizi di telefonia. E, quindi: Wind, Fastweb, Vodafone, Openfiber e Tiscali (salvo errore e salvo altri).
A fianco degli stessi, sono poi presenti gli armadietti Enel per la fornitura della indispensabile alimentazione elettrica richiesta dagli apparati.
Non è possibile evitarlo. Perché la diffusione di internet è considerato un obiettivo irrinunciabile lungo la strada dello sviluppo economico e sociale di tutte le comunità. Con D.Lgs. n. 33 del 15/02/16, il nostro Paese ha recepito la direttiva europea 61/2014, volta a sveltire la realizzazione delle reti di comunicazione elettronica ad alta velocità, dettando le nuove norme per l’accelerazione dei tempi di posa della fibra ottica e per l’utilizzo delle nuove tecnologie in materia di scavo, meno invasive e onerose.Ai sensi di questa Legge, gli interventi di installazione di reti e di impianti di comunicazione in fibra ottica sono realizzabili mediante semplice denuncia di inizio attività con avvio dei lavori dopo 30 giorni dal protocollo di deposito. Inoltre, l’operatore ha facoltà di utilizzare, senza oneri, ovvero con equo indennizzo nei casi previsti, i cavidotti e le infrastrutture civili già esistenti di proprietà o comunque in titolarità di concessionari pubblici.
Di più, i soggetti pubblici non possono opporsi alla installazione nella loro proprietà di reti e impianti interrati di comunicazione ad eccezione del caso si tratti di beni facenti parte del patrimonio indisponibile ovvero che tale attività possa arrecare concreta turbativa al pubblico servizio. L’occupazione e l’utilizzo del suolo pubblico non necessitano di autonomo titolo abilitativo e le infrastrutture destinate all’installazione di reti e impianti di comunicazione elettronica in fibra ottica sono assimilate, ad ogni effetto, alle opere di urbanizzazione primaria.
In sostanza, il posizionamento delle cabine è lecito sempre e costituisce un diritto spettante alle società di telefonia senza possibilità di contestazione che non sia prevista dalla Legge.
E fin qui può anche essere. Se vogliamo l’adeguamento tecnologico e la libertà di accedere a piacimento ai mezzi di comunicazione, qualche vincolo dobbiamo pure accettarlo.
Il problema è che la tecnologia ci è imposta da persone che nella vita hanno “frequentato” gli algoritmi più di quanto abbiano “frequentato” i libri di architettura o dei beni culturali, con il risultato di produrre aggeggi che fanno cose strabilianti in gusci che non metteremmo neanche nei locali interrati per il deposito delle scarpe vecchie.
Che, però, sono posizionati in “bella vista” lungo le nostre strade, a fianco dei fabbricati, nelle piazzette anche del centro storico, allineati e disgiunti, alti e bassi, stretti e larghi, in cinquanta sfumature di grigio, con invereconde basi di simil-cemento, senza alcun ordine, grazia o armonia.
Sono la prova evidente della sopraffazione di un mondo gelido, amorfo, senza passione, come solo può essere la razionalità senza la spiritualità.
In verità, alcune collocazioni sono veramente oscene. Non solo per gli armadietti, ma anche per l’assenza di ogni attenzione o riguardo da parte di chi li ha posizionati.
Né è un esempio questo gruppo di Piazza Casalbore, dove la “tenuta” della colonnina Enel è assicurata da un legaccio infame passante per un sostegno della pensilina degli autobus. Chi ha eseguito “l’opera” non ha avuto rispetto per la Città. E neanche per se stesso.
Eppure non dappertutto è così. Altrove hanno ritenuto che la dignità di un luogo non potesse essere stravolta da invasioni “vandaliche o barbare” da parte del “nuovo ordine delle cose” e, ricordando che una comunità è raccontata anche da un ambiente fatto a misura di vita umana e non di androidi, hanno difeso la gradevolezza estetica degli armadietti, ma anche di altri arredi, con pitture e disegni tali da renderli immuni anche dai graffiti dei soliti maniaci. Tutto questo, per combattere il degrado e la percezione di assenza di ogni controllo.
Già. Perché se è vero che la installazione degli armadietti è un obbligo, è altrettanto un obbligo difendere il decoro dei luoghi soprattutto in una Città, come la nostra, che intende perseguire obiettivi di crescita attraverso il turismo dimenticando, spesso, che il giudizio dei visitatori è in funzione anche della sua qualità della vita.
Perché non è sufficiente rispondere “Pronto” con gentilezza per dimostrare educazione e cultura.
La difesa del territorio e dei suoi simboli storici è vera espressione di amore verso la comunità.
Questa Città ha bisogno di amore.
e.mail: associazione.iosalerno@gmail.com
pagina fb: Associazione io Salerno
In paesi civili, noi lo siamo solo per Nostalgia, queste cassette e le loro similari si mettono sotto terra in Stazioni di servizio dove tutte le utenze possono trovare locazione.
Ma dopo i tanti scavi che hanno completato il disfacimento delle già disastrate strade cittadine, dal centro alla periferia, chi provvederà al ripristino? E’ quel bitume a freddo di colore rosa antico che chiuderà gli scavi? Ma esiste un’amministrazione che possa pretendere il ripristino del tappeto di asfalto?