Secondo l’associazione ambientalista però, che con dati scientifici e raccomandazioni ha redatto un report internazionale guidato proprio dalla sezione italiana, siamo ancora in tempo per disinnescare la trappola. La soluzione indicata richiede accordi politici internazionali, maggiori sinergie fra istituzioni e produttori e, naturalmente, buone pratiche quotidiane di tutti noi.
«Centinaia di migliaia di tonnellate di rifiuti plastici ogni anno invadono il Mediterraneo con danni gravissimi alla salute e alla biodiversità oltre che a importanti settori economici come pesca e turismo», racconta la presidente di Wwf Italia Donatella Bianchi. «Non possiamo permettere che soffochi nella plastica: abbiamo bisogno della collaborazione fra cittadini, istituzioni e aziende per salvarlo da un nemico subdolo, che ormai è entrato nella catena alimentare».
Per esempio in due pesci che siamo abituati a consumare: il 18% di tonni e pesci spada nel sud del Mediterraneo presenta rifiuti di plastica nello stomaco. Se accade, non è un caso: ogni anno sotto la superficie finiscono 130 mila tonnellate di microplastiche. E sopra non va meglio: in 356 giorni possono accumularsi anche 500mila tonnellate di macroplastiche, l’equivalente di quasi settantamila camion. E l’Italia dà il suo contributo: è il terzo paese mediterraneo a disperdere più detriti (90 tonnellate al giorno). Ma a creare i danni maggiori sono i frammenti, minuscoli e letali, che entrano nella catena alimentare modificando gli ecosistemi. Questo implica danni anche economici e turistici: per il Wwf ci costano 62 milioni di euro l’anno.
Il problema, in un’Europa seconda produttrice di plastica al mondo, non è il materiale in se ma l’attuale incapacità di gestirlo: di 27 milioni di tonnellate di rifiuti plastici prodotti all’anno solo un terzo è infatti riciclato.
Come uscirne? Ecco le soluzioni suggerite dal Wwf. A seguito degli impegni appena assunti dall’Ue per bandire monouso, cotton fioc e usa e getta, è necessario «un accordo internazionale giuridicamente vincolanteA che impegni tutti i paesi del mondo a eliminare la dispersione di plastica attraverso il monitoraggio e fondi dedicati. Poi l’industria deve fare la sua parte contribuendo «al corretto recupero e smaltimento e alla assunzione di responsabilità», che in sintesi significa copertura dei costi.
Ogni Stato deve «spingere sulla differenziata» e studiare innovazioni anche per frenare i problemi causati dall’industria della pesca. Le singole aziende si devono impegnare a «ridurre gli imballaggi» e puntare su politiche a rifiuti zero. Infine, è necessario il contributo di tutti noi. Dobbiamo scegliere «materiali biodegradabili e alternativi», ma anche evitare prodotti e cosmetici che contengono microplastiche, comprare “sfuso” e scendere in campo per il cambiamento. Se volete potete farlo già oggi partecipando alle centinaia di iniziative in tutta Italia per la pulizia delle spiagge.
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