Giffoni si conferma, dunque, un’oasi di ‘resistenza’ al clima di chiusura e di diffidenza nei confronti dell’altro che si respira nel mondo: “C’è qualcosa di strano nell’aria. Si percepisce una sorta di complotto mondiale che alimenta la paura. All’epoca de ‘Le Fate Ignoranti’ c’era una generale tendenza alla globalizzazione, oggi è il contrario: tutti vogliono la sicurezza della propria cultura. C’è una crisi di identità a livello mondiale” sottolinea Özpetek, non senza preoccupazione. I giffoners, invece, hanno un’identità precisa, data dal condividere l’esperienza del Festival. E la condivisione è il cuore dell’opera di Ozpetek. “Scrivo libri, faccio post su Instagram, giro film per condividere quel che vivo. Si racconta quel che si vive, è quella la fonte” spiega il maestro, che annuncia un suo ritorno a Napoli per dirigere Madama Butterfly al San Carlo, dopo La Traviata che ha debuttato lo scorso anno. Tra i suoi progetti c’è quello di un nuovo film: “Sto sviluppando un’idea, ma è ancora presto per parlarne”. Incuriosiscono certo i contatti con Netflix per un progetto seriale: “Ci sono stati due incontri, ma tutto è ancora di là da venire: c’è bisogno di tempo perché si trovi un accordo e poi ne ho bisogno io in questo momento. La cosa più importante per me è il film”, su cui però non ci sono dettagli.
La continua ricerca si conferma una caratteristica del maestro, che a Giffoni ha parlato anche di Whatastar!, un’app per scovare nuovi talenti sul web: “Molti giovani mi scrivono sui social proponendosi come artisti e così ho pensato a questa app che permette a chi vuole di registrare una clip di un minuto per mostrare le proprie doti di cantanti o di attori. Chi riceve più like potrà diventare l’artista del mese” spiega il regista, entusiasta del progetto, cui si dedica da un anno. Chissà che il materiale raccolto non diventi spunto per una storia. Per Özpetek, che quasi confessa di essere un ‘addicted’ di Instagram, il web è croce e delizia, occasione per svelare talenti nascosti, ma anche ‘rovina’ dei rapporti interpersonali: “Ormai guardiamo più gli schermi che i volti. Penso succederà, prima o poi, qualcosa che ribalterà la situazione”, chiosa con un certo rammarico il regista. Intanto si prepara a guardare negli occhi migliaia di ragazzi, pronti a raccontarsi e a lasciarsi trascinare dalle sue parole.
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