Da marzo 2018 a maggio 2019 corre poco più di un anno, nel calendario politico italiano l’intervallo è così breve che pare non esserci. Le dichiarazioni che si susseguono sui social media sono in vista delle europee 2019. L’intervista non si porta più. Cade in disuso la finta rissa negli studi TV.
Va di moda il monologo ad effetto via FB: l’ostensione del martirio, lo scatto d’orgoglio, l’invettiva contro “quelli là” che complottano. Si arriverà a riscoprire le trame giudo – pluto – massoniche d’annata, stavolta ordite nella pancia di Bruxelles: nella birreria vicino alla Grand Place dal nome inquietante quanto eloquente de “La mort subite”.
La candidatura di Manfred Weber alla presidenza della Commissione europea porta al centro del dibattito la centralità del PPE e del suo gruppo di riferimento: quello della Cancelliera tedesca e degli alleati bavaresi. Weber vanta già un curriculum europeo, attualmente presiede il Gruppo dei Popolari al Parlamento europeo. E’ noto per le posizioni conservatrici tipiche dell’Unione cristiano – sociale di Baviera.
Si profila come il candidato giusto per strizzare l’occhio all’universo sovranista, che i sondaggi danno in avanzata alle urne. L’universo sovranista è in effetti variegato: si passa da esponenti interni al PPE a possibili compagni di viaggio come la Lega.
Il Commissario europeo Gunter Oettinger, popolare tedesco, interrogato sulla Lega, risponde che per ora non si contempla il suo inserimento fra i Popolari. Il “per ora” non significa mai.
Significa che ci si può pensare, nel caso che il PPE faccia proprie alcune istanze care alla Lega e, per converso, questa attenui certe posizioni. Il punto di convergenza si troverebbe nel contrasto alle immigrazioni e nel richiamo al motto “prima i tedeschi (gli italiani, gli austriaci, gli ungheresi)”.
Il motto di per sé non suona razzista, dichiara l’ovvio: che la responsabilità dei governanti va esercitata anzitutto verso i connazionali. Nel bon esprit europeo sarebbe più elegante dichiarare “prima gli europei”, ma non stiamo a sottilizzare. E d’altronde il negoziato col Regno Unito mira a tutelare le posizioni dei cittadini europei (non dei singoli stati membri) dopo il recesso di Londra dall’Unione.
La linea di frattura fra il PPE “tradizionale” ed il PPE integrato dai sovranisti dell’ultima ora potrebbe rivelarsi sul piano del rapporto complessivo verso l’Unione. I popolari del nord sono inclini alle politiche di rigore in materia di bilanci. I sovranisti del sud sono inclini a ritenere i vincoli di bilancio come meramente indicativi, da sforare se del caso per progetti di pubblica utilità o di convenienza elettorale. Alcuni fra loro continuano ad evocare l’uscita dall’euro.
Si stampa la valuta nazionale, si danno più soldi alle famose famiglie (nella vulgata sovranista i singoli non sono considerati, meglio se si maritano o si ammogliano al più presto), tutti sono più felici, l’inflazione e lo spread sono invenzioni delle agenzie di rating. Lo spettro della Repubblica di Weimar del primo dopoguerra e della Turchia a trazione islamista di oggi non scalfisce la propaganda sovranista: il popolo così vuole, il popolo ha sempre ragione.
Al PPE che guarda a destra si vorrebbe contrapporre un fronte repubblicano – europeista, che avrebbe come perno il movimento francese En marche! da clonare in Europa con varie denominazioni nazionali. Il costituendo fronte darebbe per scontata l’evoluzione in questo senso del movimento e dunque la presa di distanza del Presidente Macron dalla Cancelliera Merkel.
Fino a candidare un francese (o di un paese o movimento affine) da contrapporre al tedesco Weber? Allo scopo di rilanciare l’idea d’Europa messa in discussione dal centro-destra sovranista? A Strasburgo si romperebbe così la tradizionale alleanza fra Popolari e Socialisti che ha governato l’Assemblea dal 1978 a oggi.
di Cosimo Risi
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