“Siamo qui a continuare una battaglia che ci ha visto soccombere quando abbiamo proposto il ricorso d’urgenza – spiega a Cronache – e che porteremo avanti al fine di ottenere semplicemente il rispetto della legge”.
Lustrino chiede il riconoscimento dell’assistenza indiretta (garanzia di continuità e presenza di figure specialistiche di riferimento).
In pratica l’Asl, che contrariamente a quanto stabilisce la normativa vigente (legge 134 del 2015) non attua il progetto globale per gli autistici e non esercita la presa in carico diretta, dovrebbe provvedere alla copertura delle spese che la famiglia sostiene per sopperire alle inefficienze del sistema.
In prima istanza il giudice, dopo aver deciso di non ascoltare la famiglia ma solo un dirigente dell’Asl e il direttore sanitario del centro in cui andava il figlio di Vincenzo, ha rigettato la richiesta.
“Quindi lo psicologo che redige il programma globale per mio figlio e i tecnici del comportamento che lo attuano devo pagarli io – spiega il genitore – e vi posso dire che per ogni operatore siamo nell’ordine delle 20 euro l’ora mentre per il supervisore se ne vanno 700 euro ogni 40 giorni circa. In media 1.300- 1.400 euro al mese”. Da sola la famiglia non riesce a coprire l’intervento globale, casa scuola famiglia.
“La spesa che sostengo io è comunque la metà di quella che si accolla l’Asl per mandare i bambini in centri che di specialistico non hanno nulla, come ho scoperto io sulla mia pelle”. Sarebbe a dire? “Il centro in cui portavo mio figlio – rivela – sosteneva di effettuare il metodo Aba invece faceva solo logopedia e psicomotricità realizzando di fatto una vera e propria truffa che ho inutilmente denunciato all’Asl, perché nessun controllo è stato fatto”.
C’è anche da dire che il metodo Aba vuole un intervento coordinato in tutti gli aspetti di vita dell’autistico mentre i centri possono intervenire solo in ambito ambulatoriale o domiciliare. Non solo. I centri possono assumere solo figure sanitarie quindi non i tecnici del comportamento che sono esclusi da questa categoria.
Succede, allora, che si prenda una delle figure sanitarie in organico (esempio: un podologo) e la si mandi a fare il corso di formazione per tecnico del comportamento con il risultato di avere, al fianco del bambino, una figura che comunque non è altamente specializzata perché svolge un’attività non inerente la sua qualifica.
Il 25 settembre al fianco di questo papà, e della moglie Rosanna, ci saranno alcune associazioni che si occupano di autismo e che hanno deciso di costituirsi parte civile. “Ma ne volete sapere un’altra? La diagnosi di mio figlio è stata fatta solo madiante dei parametri comparativi standard, senza alcuno screening o risonanza o qualsiasi altro esame clinico che, per fare un esempio, all’ospedale Gemelli di Roma è prassi consolidata”.
Una situazione deprimente. “Per non parlare delle liste di attesa dei centri, mio figlio quando aveva due anni e con una diagnosi precoce di autismo doveva aspettare un turno, una cosa folle di cui qualcuno, quando questa prima battaglia legale sarà conclusa, dovrà rispondere anche in sede penale”.
Fonte Le Cronache in edicola sabato 15 settembre 2018
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