La vera novità delle ultime proiezioni è la continua rimonta del Partito popolare europeo, a metà febbraio dato a -17 deputati dai socialisti ed oggi a solo un seggio di distanza, 213 contro 214. A Bruxelles si parla di “effetto Juncker”, ovvero di fiducia ispirata nell’elettore europeo dalla nomina dell’ex presidente dell’eurogruppo a candidato popolare della Commissione europea. Una nomina sponsorizzata dalla Cdu di Angela Merkel che, se proprio non dovesse farcela, vedrebbe comunque il connazionale Martin Schulz, candidato dei socialisti, sedere sulla poltrona più importante del Berlaymont (la sede della Commissione europea). Questo perché è previsto che la nomina del futuro presidente della Commissione – decisione del Consiglio ma da sottoporre al voto del Parlamento europeo – prenda in considerazione l’esito delle elezioni europee.
Frammentata la situazione italiana. Tre le sole certezze: Partito Democratico, Forza Italia e M5S arriveranno al Parlamento europeo in pompa magna. Il Pd (28,5%) è dato a 23 seggi, mentre Forza Italia e M5S (23,6 % e 23,2%) a 19 a parimerito. Tutte da decidere le liste dei tre partiti con solo qualche indiscrezione sui capolista, come la new entry Michele Emiliano, attuale sindaco di Bari, nella circoscrizione Sud per il Pd e, probabilmente, qualche membro della famiglia Berlusconi per FI. A suonare la carica per il M5S è il solito Beppe Grillo che partirà in tournée con lo spettacolo “Te la do io l’Europa” il primo aprile a Catania, poi Napoli, Ancona, Milano, Bologna, Padova, Firenze e Roma.
Che Grillo faccia un salto anche a Bruxelles? Dalla sinossi dello show risulta evidente l’intenzione di tirare la volata ai candidati pentastellati: “Un mostro si aggira per l’Europa. Si chiama euro”. A battere sul tamburo del “No euro” è un altro partito, la Lega Nord, data dal sondaggio di PollWatch al 4,4 per cento, ovvero poco sopra lo sbarramento imposto per arrivare all’Europarlamento. Tuttavia, mentre il M5S si ripropone di chiedere all’occorrenza un referendum sull’euro, la Lega è categorica e ne chiede la pronta uscita dell’Italia. Le divisioni interne, o “beghe di provincia” come le ha definite Nichi Vendola, non fanno bene alla lista “L’altra Europa con Tsipras”, che rispetto allo scorso 5 marzo passa da 5 a 4 seggi (5,1%). Ne sono un chiaro segnale gli addii di Andrea Camilleri e Paolo Flores d’Arcais e questo, a poche settimana dalla nascita e a due mesi dalle elezioni europee, può risultare molto pericoloso. Mentre Ncd di Angelino Alfano è dato in rimonta, al 5,4% quindi 4 seggi, la neonata lista “Scelta europea”, presentata in Italia per supportare la candidatura a presidente della Commissione europea dell’eurodeputato ed ex premier belga Guy Verhofstadt, arranca all’1,7 per cento.
Fonte Ilfattoquotidiano.it
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