Ecco la circolare diffusa dal ministero del Trasporti e delle Infrastrutture: “Non sono inquadrabili in alcuna delle categorie di dispositivo o di segnaletica previste dal vigente Codice della Strada” e pertanto “non sono suscettibili né di omologazione né di autorizzazione”. Una presa di posizione che allarma i sindaci, perché potrebbe aprire la strada alla loro possibile illegittimità. E i sindaci che, sottolineano “i risultati eccezionali ottenuti”, temono che più che un sistema per impinguare le casse comunali, si bocci “un efficace deterrente alla velocità”. Un esempio? “Dove in certi casi la gente sfrecciava a 150 km l’ora adesso sono tutti in coda, intimoriti dal box arancione”. Alla base, però, c’è una falsa convinzione: che basti la sola presenza delle scatole arancioni per rilevare la velocità. Invece no: al suo interno deve essere piazzato l’autovelox che va presidiato dalla polizia locale per poter contestare l’infrazione e multare l’automobilista dall’acceleratore facile. Ma in pochi lo sanno e per non sbagliare di fronte alle scatole arancioni o gialle rallentano.
Il Ministero boccia i finti autovelox ma i sindaci si ribellano: un antidoto alla velocità
Negli ultimi sei mesi sono spuntati come funghi in un po’ tutto il Piemonte ma in particolare nel Torinese e nel Cuneese. Hanno colori differenti (gialli, arancioni, grigi), forme diverse ma alla fine a tutti assomigliano a una scatola e, soprattutto, hanno una spia azzurra che è diventata il terrore degli automobilisti: di fronte a quella tutti rallentano, qualcuno inchioda pure, causando tamponamenti. Sono i velobox, l’ultima frontiera nella battaglia contro gli automobilisti che scambiano le strade dei paesi e le circonvallazioni in piste da formula. Ma ora contro questi antidoti alla velocità – come li definisce più di un sindaco – scende in campo il ministero dei Trasporti e già sembra un replay della polemica di pochi giorni fa quando il dicastero retto da Lupi ha bocciato le multe agli automobilisti che non pagano per intero la sosta.
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