I dispositivi che ci portiamo in tasca sono sempre più potenti e ci permettono di fare mille cose: di rimanere in contatto con una cerchia sociale allargata a ogni ora del giorno o di ricevere costantemente aggiornamenti sulle notizie e sui fatti del mondo.
Lasciarli spenti per 24 ore è un primo passo, un po’ drastico ma efficace, per capire quanto queste incredibili potenzialità abbiano creato nuove forme di dipendenza da cui siamo tutti più o meno affetti.
«Chi soffre della “sindrome da disconnessione”», spiega la psicologa Giuseppina di Carlo, «arriva ad avere comportamenti scorretti come trascorrere gran parte della giornata online, monitorare costantemente l’arrivo di notifiche, utilizzare lo smartphone in situazioni inappropriate o pericolose per la salute, dormire col cellulare acceso a fianco, svegliandosi durante la notte per controllare i messaggi».
È una nevrosi contemporanea così diffusa da essersi meritata un nome proprio: nomofobia. Non va confusa con la Fear Of Missing Out, il timore incontrollabile di perdersi notizie e informazioni, che per certi versi è un’altra faccia dell’astinenza da smartphone.
Se vi riconoscete in alcuni di questi sintomi, non fatevi prendere dall’ansia:accorgersi del problema è già un primo passo verso una vita digitale più equilibrata. La dipendenza dai nostri dispositivi connessi non va necessariamente affrontata con una disintossicazione drastica, che rischia di farci sentire ancora peggio in caso di “ricadute”, ma piuttosto con un percorso di graduale di presa di coscienza e un percorso di educazione all’uso consapevole dello smartphone. Che rimane uno strumento straordinario: più che usarlo meno, tout court, dobbiamo imparare ad utilizzarlo meglio, cioè in modo che aggiunga valore alle nostre vite e alle nostre connessioni sociali, nel mondo virtuale come in quello reale.
L’invito di OnePlus a un uso più consapevole dello smartphone può sembrare una contraddizione per un produttore di dispositivi che deve il suo successo a gingilli elettronici sempre più veloci, performanti e funzionali appunto a una vita iperconnessa. In realtà quella di OnePlus è una risposta alla crescente domanda degli utenti che da una parte richiedono sì prodotti sempre più innovativi e tecnologicamente avanzati, ma allo stesso tempo riconoscono la necessità di un ritorno a una dimensione più umana della tecnologia.
Non è un caso dunque che le versioni più recenti di Android e iOS, il sistema operativo di iPhone e iPad, abbiano introdotto funzioni dedicate per monitorare in maniera granulare l’uso dei dispositivi.
Sugli smartphone OnePlus, come su molti altri terminali Android, l’app di riferimento si chiama “Benessere Digitale”: permette di tenere sempre sotto controllo le metriche di utilizzo del dispositivo, con grafici che riassumono il tempo di utilizzo delle applicazioni, le ore di accensione dello schermo o il numero di notifiche ricevute. Anche su iPhone, a partire da iOS 12, c’è una funzione simile.
Si chiama “Tempo di Utilizzo” e si trova nella prima schermata delle “Impostazioni”. Dal menu si possono verificare le tempistiche d’uso delle app per categoria (social network, giochi, lettura, produttività, ecc.) e impostare limiti di utilizzo su specifiche applicazioni o sui siti visitati più spesso sul browser Safari.
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