Secondo una classifica stilata dalla Gallup – società di consulenza e statistica – con il supporto di diversi ricercatori indipendenti, prodotta dal Sustainable Development Solutions Network in partnership con la Fondazione Ernesto Illy, è la Filandaia a detenere il primato mondiale della felicità.
Alla base della ricerca i dati raccolti, tra il 2016 e il 2018, intervistando i cittadini su alcuni temi fondamentali come il sostegno sociale, la speranza di vita, la libertà, la generosità e la corruzione. Con la Finlandia, completano, non a caso, la top ten del Rapporto Mondiale sulla Felicità la Danimarca, la Norvegia, l’Islanda, l’Olanda, la Svizzera, la Svezia, la Nuova Zelanda, il Canada e l’Austria.
Determinante sarebbe il modo in cui le comunità interagiscono tra loro; la relazione tra felicità e comunità sarebbe, dunque, strettissima. Ciò significa che è come si interagisce nelle scuole, negli ambienti lavorativi, nei vicinati, ma anche attraverso i social media la chiave per la felicità, almeno secondo John Helliwell, co-autore dello studio.
E se in alcuni Paesi del mondo, lo stato di povertà, l’instabilità politica e sociale determinano la diminuzione del livello di felicità, in altri, Stati Uniti in primis, dipendenze come l’abuso di sostanze o del gioco d’azzardo, fino all’utilizzo incontrollato dei media digitali sono i fattori determinanti dell’epidemia di infelicità sempre più crescente.
In questa particolare classifica l’Italia è posizionata piuttosto indietro. Il settimo World Happiness Report attribuisce, infatti, al nostro Paese il 36esimo posto; risultato che dovremmo addirittura considerare come un piccolo successo, tenuto conto che ha recuperato ben 11 posizioni rispetto all’anno precedente.
Si ricordi che il diritto alla felicità, o meglio al perseguimento della stessa, fu sancito, come fosse scolpito, nella Dichiarazione di Indipendenza delle colonie che fondarono il nucleo degli Stati Uniti d’America, promulgata nel 1776, scritta da Thomas Jefferson.
Sono l’amicizia, le relazioni umane, l’altruismo i fulcri su cui ancora oggi fa leva il culto della felicità. Accanto ad essi si schiude una antica e sempre nuova positività per la costruzione di qualità umane individuali che contribuiscano a dar luogo a società fiorenti e felici, le quali tuttavia non potranno mai prescindere, innanzitutto, dall’etica della responsabilità, individuale e collettiva.
Mutuando da Giorgio Gaber un suo celeberrimo inciso e sostituendo il sostantivo Libertà con Felicità, si potrebbe, allora, asserire che per una comunità, “la Felicità non è star sopra un albero; non è neanche avere un’opinione. La Felicità non è uno spazio libero; La Felicità è partecipazione”.
Tony Ardito
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