Oggi, lunedì 8 marzo, avrebbe compiuto 64 anni. Agostino Di Bartolomei invece un quarto di secolo fa – esattamente il 30 maggio del 1994 – decise di mettere fine alla sua vita premendo il grilletto di una Smith&Wesson calibro 38. Di mattina nella villa di famiglia di San Marco di Castellabate caricò l’arma, andò in veranda e, solo ed ancora in pigiama, sparò un colpo dritto al cuore.
Nato l’8 aprile 1955 a Tor Marancia, sul campo dell’oratorio San Filippo Neri iniziò a imporre talento e leadership. La Roma lo osservò e, subito, lo inserì nelle sue giovanili. L’esordio arrivò quasi subito: nella stagione 72/73. Due anni dopo fu ‘prestato’ al Vicenza, nella stagione 76/77 si prese la maglia da titolare della Roma di Nils Liedholm, della quale poco dopo divenne immarcescibile capitano. Con la fascia giocò e perse ai rigori, nel 1984, la finale di Coppa dei Campioni all’Olimpico contro il Liverpool del portiere Grobbelaar. Delusione cocente, tanto da chiudere, lì, l’esperienza di Ago nella Roma con un bilancio di 237 partite giocate, 50 gol fatti, tre Coppa Italia vinte e uno Scudetto conquistato nella stagione 1982/83 (con 7 reti segnate).
A Salerno fu fortemente voluto dal presidente più amato, Giuseppe Soglia. I suoi due anni in granata, culminati con la attesissima promozione in serie B della stagione 89/90, iniziarono però in maniera amara. Nella stagione 88-89 la Salernitana allenata da un anonimo Carlo Soldo, partita con ambizioni di vertice, venne subito eliminata dai sedicesimi di finale di Coppa Italia, complice una mortificante sconfitta (1-5) sul campo della Battipagliese. Doveva essere la prima partita di Soldo; fu invece l’ultima: l’allenatore venne subito esonerato. Arrivò Pasinato che, con una mossa a sorpresa, mise fuori squadra proprio l’ex campione giallorosso. Soglia non esitò quindi ad allontanare il trainer, rimpiazzato dal più ortodosso Lamberto Leonardi.
Nonostante un campionato sofferto, in quella stagione si gettarono le basi per la Salernitana che, costruita attorno a Di Bartolomei e sapientemente allenata dal compianto Giancalo Ansaloni, l’anno dopo avrebbe vinto (con il Taranto) il campionato.
Il 3 giugno 1990, il triplice fischio dell’arbitro Graziano Cesari di Genova chiudeva non solo il campionato vittorioso della Salernitana ma anche la brillante carriera di Agostino Di Bartolomei: a 35 anni, il campione, decise di ritirarsi a vita privata. Quel giorno, sul tartan della pista di atletica di uno straboccante Vestuti, ci fu il suo ultimo giro di campo da calciatore.
Da quel momento in poi la storia diventa torbida, oscura. Con la Salernitana in B tutta la provincia si sarebbe aspettata la sua entrata nei ranghi societari granata, con ruolo primario. Lo stesso Soglia ammise che questo era il suo progetto. Non chiari i motivi per cui esso non si concretizzò. Di fatto Agostino Di Bartolomei si ritirò a vita privata nella isolata – seppur bellissima – Castellabate, circondato dall’amore della moglie Marisa e del figlio Marco. Lì, in Cilento, avrebbe voluto costruire una cittadella dello sport per il settore giovanile con campi in erba e foresteria. Avrebbe voluto allevare calciatori per rientrare, da protagonista e senza dire ‘grazie’ a nessuno, nel grande calcio. Pare però che Di Bartolomei non avesse la necessaria disponibilità economica e che avesse ricevuto un risposte negative sia dalle banche che, per quanto riguarda la burocrazia, dalle amministrazioni locali. Altra indiscrezione fa riferimento alla delusione per la designazione, appena una settimana prima, di Agnolin a DG della Roma, ruolo a cui – probabilmente – ambiva seppure in discrezione. Nel taschino della giacca blu un bigliettino strappato. “Non vedo l’ uscita dal tunnel, ma voglio bene a te, Marisa, e ai ragazzi”. Il figlio Luca, oggi 37enne, ha scritto il libro ‘Dritto al cuore. Armi e sicurezza: perché una pistola non ci libererà mai dalle nostre paure’.
Fonte anteprima24.it
AGO