Flusso di euro falsi dall’Italia alla Francia con base a Napoli: 6 condanne

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Sei persone sono state condannate dal gup del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere (Caserta) per aver creato un’organizzazione specializzata nella produzione e nella vendita di euro contraffatti; lo smercio delle banconote false avveniva in tutta Italia e in Francia.

Al termine del rito abbreviato, sono stati condannati alcuni dei principali responsabili dell’associazione criminale, come il 60enne Enrico De Martino (7 anni e mezzo), capostipite di una famiglia di San Giorgio a Cremano (Napoli) storicamente coinvolta nella produzione di banconote false, il figlio Vincenzo (quattro anni e cinque mesi), e Raffaele Fresegna (8 anni e un mese di reclusione), colui che acquistava gli euro falsi e li distribuiva ad altri intermediari.

Gli altri indagati, tra cui un altro figlio di De Martino, hanno scelto la strada del processo ordinario.

L’inchiesta che portò all’arresto di De Martino e di altre 21 persone nell’ottobre 2018 fu svolta congiuntamente dalle autorità giudiziarie e di polizia italiane e francesi; nove indagati, tra cui uno dei figli di Enrico De Martino, furono infatti fermati in Francia, a Marsiglia, mentre per altri cinque l’arresto avvenne sulla base di un Mandato d’arresto europeo emesso dal Giudice Istruttore del tribunale di Nancy.

L’indagine è stata coordinata dalla Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere e dal Tribunale Penale di Nancy; le due autorità hanno creato una squadra investigativa congiunta formata da magistrati dei due Paesi e dai carabinieri della Compagnia di Capua e della Polizia Nazionale di Nanterre. Alle indagini ha preso parte anche personale di Europol.

Gli inquirenti hanno tenuto costantemente sotto osservazione Enrico De Martino, una conoscenza nota, già arrestato nel 2008 per gli euro falsi in Puglia, dove aveva «delocalizzato» la stamperia, e ritenuto un vero e proprio «artista» della contraffazione, capace in una notte – è emerso dall’inchiesta – di stampare fino a 100mila euro falsi attraverso l’utilizzo delle tecnologie più all’avanguardia, come le stampanti digitali e vernici che costano fino a 10mila euro al chilo.

La carta usata, è emerso, era commerciale, non filigranata, eppure la classe di contraffazione era 35a, ovvero per la Bce si trattava di banconote di ottima fattura.

Le banconote – hanno accertato gli inquirenti – partivano da San Giorgio a Cremano, dove c’era la stamperia, ed arrivavano soprattutto in Francia, paese di maggiore distribuzione in Europa degli euro falsi. Dalle indagini è emerso che una banconote falsa da 20 euro costava due euro, e il prezzo aumentava via via che il danaro passava di mano, fino a costare anche 4 euro a banconota.

Fonte IlMattino.it

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