Il distacco sociale della politica dei like (di Tony Ardito)

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Matteo Salvini, l’uomo forte di un governo Conte piuttosto fibrillante, oltre ad un robusto consenso, ha acquisito una assoluta padronanza dei tempi della comunicazione e, segnatamente, di quella politica. Finanche quando inciampa in una gaffe, simulata o non, il capitano riesce a rimediare e rilanciare con rara abilità.

Ma, la valenza politica, non può incentrarsi sulla confidenza mediatica o sull’appeal che possiede il protagonista di turno, seppur ben farciti da qualche, indiscussa capacità.

Un modus operandi che, primo fra tutti, colse ed importò dagli Stati Uniti, Silvio Berlusconi, oltre un quarto di secolo fa, successivamente emulato, neppure tanto bene, dai molti omologhi succedutisi alla testa dei vari schieramenti; non ultimo, Matteo Renzi.

Checché se ne dica, in fondo l’idea dell’uomo solo al comando (finché dura) piace, addirittura affascina i più, lo dimostrano la storia e i fatti. Sebbene dovrebbe prevalere esclusivamente la logica del “primus inter pares” per tutte le organizzazioni democratiche in generale e quelle politiche, sindacali e sociali in particolare.

La politica ha bisogno di riacquistare credibilità e centralità e per farlo è necessario ripartire, in primo luogo, dai contenuti e dalla volontà di selezionare, ad ogni livello, una classe dirigente più autorevole, preparata, meno improvvisata e che abbia piena consapevolezza del consenso.

L’elettorato, oramai scoraggiato, si è in larga parte persino impigrito; sempre più spesso – sia chiaro, sbagliando – soggiace, rinuncia, pure per l’assenza di una proposta alternativa su cui investire quel briciolo di residua fiducia. Uno scenario che si diffonde moltiplicandosi, soprattutto, in tante regioni e città, grandi e piccole dello stivale, indipendentemente dal segno di chi le amministra.

Siano esse di sinistra, di centro o di destra si rivalutano, se non addirittura rimpiangono, figure simbolo della Prima Repubblica. Forse perché erano uomini al timone di compagini in cui il confronto non si sviliva, come oggi, nella quantità di applausi ricevuti durante un talk show, o nel numero di condivisioni e like ottenuti da un post, ma era l’occasione per spiegare le proprie e ascoltare le altrui ragioni, preferibilmente in quei luoghi in cui la gente sapeva ancora ritrovarsi e riconoscersi.

Forse perché erano leader alla guida di forze politiche che, soprattutto in determinati momenti storici, seppero tenere unito il Paese, interpretando e rappresentando ansie e speranze delle comunità, senza abdicare al rispetto dell’altro e al decoro delle Istituzioni.

Malgrado acclarate colpe e responsabilità e nonostante distanze ideologiche talvolta siderali, di certo però quei partiti, nessuno escluso, ebbero almeno quale scopo condiviso quello di favorire la crescita collettiva ed omogenea della nazione: da Nord a Sud. Da Est come da Ovest.

di Tony Ardito

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