Da mettere a fuoco ci sono i minuti e le ore successive alla caduta dell’escursionista lungo il dirupo Ciolandrea, nel Comune di San Giovanni a Piro. Perché se è ormai certo che Gautier ha dormito la notte precedente su una spiaggia di Scario e che prima è passato per la stazione di Santa Marina (dove è stato ripreso dai sistemi di videosorveglianza), altrettanta certezza non c’è su come sia caduto lungo il declivio Ciolandrea e cosa sia successo dopo la chiamata al 118 per chiedere aiuto. In quella telefonata, Simon Gautier dice di essersi rotto le gambe, di essere caduto ma di non sapere dove fosse. «Vedo il mare»- balbetta all’operatrice che lo incalza di domande- ma oltre non riesce ad indicare.
Ci sono dei dubbi, però, che attanagliano la famiglia dell’escursionista francese ed il loro legale, l’avvocato Maurizio Sica: perché Simon non è stato trattenuto al telefono per tentare una localizzazione? Perché non gli è stato chiesto di descrivere il luogo dove si trovava con altri particolari e soprattutto di spiegare nel dettaglio la natura delle ferite? Sappiamo dall’autopsia che il ragazzo s’era procurato fratture esposte e composte agli arti ed una recisione letale all’arteria femorale. Ma non sappiamo ancora se le ferite mortali siano stato provocate da una o da due cadute.
Nella telefonata al 118, infatti Simon non cita l’emorragia. Quando provano a ricontattarlo, non risponde più al cellulare. Forse ha provato a spostarsi ed è caduto di nuovo, procurandosi la lesione alla femorale? E lo smartphone di Gautier, dov’è stato ritrovato? Punti oscuri su cui si cerca di fare luce. Nel frattempo, la salma del turista transalpino è partita oggi alla volta della Francia, dopo essere stata dissequestrata.
quei dubbi lasciano il tempo che trovano, un cellulare si scarica presto e tenendolo a telefono potevano solo accelerare lo scaricamento.. inoltre è morto in pochi minuti (pare che neppure abbia scritto nulla, un bigliettino, qualcosa che avrebbe potuto fare sentendosi prossimo alla morte)..
piuttosto ho sentito da anziani del posto che avevano segnalato la pericolosità di quel posto, come uno dei pochi in cui sarebbe potuto essere caduto … ma hanno detto che la risposta è stata tipo “lascia stare, pensa agli affari tuoi” e comunque non hanno controllato nelle primissime fasi. Non so se e quanto sia vero, ma questo mi è stato detto ..
… se lasci lo sterrato di ciolandrea per avventurarti sui sentieri che ti portano alla spiaggia di ciolandrea, alla sciabica o a timpa del piombo rischi davvero la vita a meno che non sia del posto e conosca bene i sentieri … ma la risposta del parco è stata “non esistono sentieri!” … qui l’unica responsabilità è di chi non ha segnalato la pericolosità e infatti all’indomani della tragedia si è corso ai ripari: una serie di percorsi naturalistici, tipo quello di Calabritto, sono stati chiusi al pubblico. possibile che ci voglia sempre la tragedia per obbligare qualcuno a fare il suo dovere!? per il resto, nessuna pecca nei soccorsi
Che bisogno c’è di spingersi fino a questo punto? Ci sono i sentieri da percorrere, perché si va oltre ciò che è permesso? Poi se le cose non vanno come dovrebbero ecco che succedono le tragedie e si accusano gli altri di negligenza….ma per favore!
ok ma basta con queste accuse al parco, al cai e ai soccorsi.. esiste anche la fatalità. Le accuse le posso capire solo nel caso in cui ci sia un pagamento o un corrispettivo con una precisa assunzione di responsabilità di chi gestisce un’area chiusa e delimitata. In montagna il lavoro è svolto da volontari che fanno comunità tra di loro condividendo degli ideali e uno stile di vita. Questa storia del dare colpe sempre a qualcuno è vomitevole, roba americana tipica di quella società in cui devi pagare o guadagnare per ogni cosa. La montagna è di tutti e chi ne usufruisce se ne assume pure il rischio. Io ci vado da quarant’anni e ne conosco i pericoli, ma mai mi sognerei un mondo in cui tutte le montagne siano transennate e a pagamento. Un orrore.
In fondo credo che questo sia stato il pensiero anche di questo ragazzo, amante della montagna e in quanto tale anche a conoscenza dei rischi..
ma la fatalità, il caso, è sempre in agguato, non possiamo sapere cosa è successo davvero.
Basta con questo incolpare sempre gli altri o qualcuno.. sappiate che pure scendendo le scale di casa potete morire, ne ho un paio di esempi tra vecchi amici..