Un viaggio attraverso i grandi classici della canzone napoletana, rivisitati in chiave jazz con l’accompagnamento sul palcoscenico di alcuni dei più grandi musicisti italiani, che faranno rivivere la atmosfere dei favolosi anni ‘50 e ‘60.
Da Malafemmena di Totò a Dove sta Zazà, passando per Strada ‘nfosa di Modugno e Torero di Carosone, Ranieri arriva al secondo capitolo del suo personale viaggio nella canzone napoletana declinata in versione jazz, iniziato nel 2015 con l’album Malia – Napoli 1950-1960
Non tralascia, però, i suoi successi di sempre da Rose rosse a Perdere l’amore, da Vent’anni ad Erba di Casa Mia.
L’artista sarà accompagnato in questo inedito percorso da una rinnovata formazione composta da perle della musica italiana quali Stefano Di Battista ai sassofoni, Marco Brioschi alla tromba, Sebi Burgio al pianoforte, Riccardo Fioravanti al contrabbasso e Stefano Bagnoli alla batteria.
Malìa, realizzato con la produzione di Mauro Pagani e l’organizzazione generale di Marco De Antoniis, sorprende per originalità.
Nella loro rielaborazione, morbida e spesso intessuta di assoli ammalianti, i brani acquistano nuova eleganza grazie alla voce dell’artista, dando vita a un mix ironico e frizzante tipico dell’espressività partenopea, ma al tempo stesso ricercato e pieno di sfumature dal sapore americano.
Ne viene fuori un lavoro delicato, gentile ed aggraziato, dove la voce di Ranieri disegna emozioni che, dal vivo, diventano ancora più intense.
Puntuale come la morte, torna ad ammorbarci. Liberateci
Non ne possiamo piú
X una condanna
Commento stupido e di una pochezza assoluta
Peraltro un grande artista cosa vuoi che ti ammorbi
Tu sarai uno di quelli che si sdilinquisce ad ogni acuto e piroetta del Massimo
Quanta ignoranza , andate a vedervi le sagre paesane che con l’arte non avete niente a che fare , criticare gratuitamente un artista immenso come Massimo Ranieri fa’ davvero pensare dello elli culturale di certe persone
sarà anche bravo, ma i suoi spettacoli che ho visto al Verdi non mi sono piaciuti. Ne sia d’esempio quella brutta idea del “Gabbiano” di Cechov snaturato con le canzoni francesi oppure l’Enrico III di Shakespeare ambientato nel secolo scorso. Non ne parliamo poi di “Viviani Varietà”, un polpettone ambientato su una nave in viaggio per le Americhe. Non basta essere bravi, bisogna anche mettere in scene cose belle.
tutti gli anni Ranieri è in cartellone al Verdi. Sembrerebbe l’artista più prolifico al mondo
purtroppo sono questi gli spettacoli che fanno cassetta, quello di Siani, di Ranieri, di Salemme. Piacevoli, divertenti, ma niente di più. Esci da teatro e non ti resta niente. Lasciamo questo tipo di programmazione al Teatro delle Arti. Il Verdi è un palcoscenico che dovrebbe vedere rappresentati spettacoli di un altro livello.
E scrive fa con l’accento.
Lo scrive con l’apostrofo che si mette solo all’imperativo