L’attuale proprietario dell’opera Luigi C. ci racconta di un suo zio insegnante di ginnastica, suo omonimo, che dopo aver frequentato la Scuola della “Farnesina” meglio conosciuta ufficialmente come “Scuola fascista di educazione fisica”, conseguendo il diploma si trovò nel 1937 a insegnare come primo incarico scolastico al liceo ginnasio “Giulio Cesare” di Rimini nella classe dove frequentava anche Federico Fellini.
Il nipote ci racconta che “lo zio gli ripeteva spesso di un particolare incontro al bar con il giovane Fellini in pieno inverno del 1937, nel penultimo anno di scuola che Fellini fece a Rimini. Quel giorno il prof. L. C. siccome doveva entrare a scuola alla seconda ora, voleva fare come al solito una passeggiata sul lungomare che in quel periodo era desolato.
Camminando notò in un tavolino di un bar un ragazzo che riconobbe nel suo alunno Federico Fellini. A vederlo il giovane Fellini con voce suadente e remissiva gli disse: Professore, dopo una notte di baldoria con gli amici sono stanco ed ho fame, per cortesia mi può offrire un cornetto e un cappuccino che non ho neanche una lira”.
Il prof. giusto il tempo di ordinare al bar la colazione al suo alunno si ritrovò sul tavolino una caricatura colorata su carta Bristol; in un attimo il ragazzo di Gambettola aveva abbozzato con segno deciso il ritratto del Prof. regalandoglielo e dicendo: “Professore, a me non mi piace la scuola, lo conservi perché io un giorno sarò un grande”.
Lo conferma anche l’attore Alberto Sordi in cui Fellini nei primi anni di vita stentata a Roma voleva spesso dire agli amici “un giorno sarò un grande regista”. Tale opera di Fellini il Prof. l’ha custodita in casa con gelosa cura per lungo tempo fino alla sua morte (1999).
Da sottolineare, visto i suoi studi incerti al Liceo Classico che non andavano per niente bene, nel 1937 Fellini aveva iniziato anche a guadagnare qualcosa seguendo il suo interesse artistico, infatti, in quell’anno insieme al pittore Demos Bonini, aveva aperto la bottega “Febo” dove i villeggianti andavano a farsi immortalare in azzeccate caricature firmate “FEBO”, con il giovane Fellini che disegnava e Demos Bonini, essendo un pittore li colorava.
Di quegli anni lo stesso Fellini ha raccontato alla Chandler (Io, Federico Fellini, A. Mondadori, 1995) questa sua precoce vocazione: “La scuola mi offriva l’opportunità di disegnare con la scusa di prendere appunti o di scrivere e quindi di vivere nel mio mondo di fantasia, mentre fingevo di ascoltare le parole degli insegnanti. Disegnavo di nascosto caricature, sperando di non essere mai scoperto e che tutti pensassero che stavo prendendo appunti su appunti”.
Una passione intensa quella di descrivere le facce e le espressioni grottesche, degli amici che diventerà poi una delle caratteristiche peculiari del suo cinema. In effetti, Marcello Monaldi ci dice che “Fellini ha sempre disegnato accanitamente: da bambino, quando riempiva le tovaglie di casa con interminabili ghirigori, da studente, quando faceva le caricature degli insegnanti o andava sulla spiaggia di Rimini, vestito di tutto punto, a caccia di clienti a cui fare il ritratto, da giovane in cerca di fortuna quando collaborava come umorista e vignettista al Marc’ Aurelio: e poi da regista, quando il disegno gli serviva per fissare i lineamenti di un personaggio, per abbozzare un costume, una scenografia per captare le suggestioni cromatiche da…”.
Proprio nel 37’ tanti bozzetti che Fellini produceva per pochi centesimi sul lungomare di Rimini quasi sempre venivano buttati subito via perché ritenuti di poco conto. Proprio in quegli anni inizia a collaborare con alcune riviste inviando vignette sino a diventare un collaboratore fisso del settimanale fiorentino “420” e poi del “Marc’Aurelio”: siamo ormai nel 1939 anno nel quale Fellini si trasferisce a Roma con la scusa di iscriversi a giurisprudenza.
Comincia a frequentare l’ambiente dell’avanspettacolo e della radio, a scrivere copioni, gag e battute per spettacoli e film vari. Nasce un mito della cinematografia. Purtroppo, tanti lavori di quegli anni riminesi sono stati persi e si conosce pochissimo questa parentesi giovanile che precede l’arrivo a Roma nel 1939 con l’inizio geniale nel campi della cinematografia a contatto con importanti personaggi del cinema e dello spettacolo.
Infatti, si conoscono maggiormente i disegni degli anni 50 fino agli anni 80 legati al cinema, ma rimane poco conosciuta la parentesi degli anni di Rimini. L’opera in questione analizzata e periziata dal critico d’arte Sandro Bongiani della Collezione Bongiani Art Museum di Salerno si presenta protetta da una vecchia cornice nera dal bordo oro con vetro e relativo passepartout. Disegnata a pastelli su Carta Bristol di cm 25×35 nel 1937 con una tecnica già matura nonostante i suoi 17 anni.
L’opera risulta di grande importanza, soprattutto, per capire la personalità geniale del giovane Fellini. E’ di sicuro una delle poche o forse l’unica opera firmata dal grande regista, (la firma di Fellini è visibile dentro un piccolo quadrato inclinato in basso a destra del foglio), di fatto risulta una delle prime opere giovanili già convincenti e geniali del maestro. Oggi quest’opera inedita è valutabile tra i 50 e i 70 mila euro.
Biografia
Federico Fellini è nato a Rimini il 20 gennaio 1920, figlio di Ida Barbiani, romana, e di Urbano, emiliano, rappresentante di commercio originario di Gambettola. Ha un fratello, Riccardo, nato nel 1921 e una sorella, Maddalena.
Il giovane Federico frequenta il liceo classico della città ma lo studio non fa molto per lui. Comincia allora a procurarsi i primi piccoli guadagni come caricaturista: fonda, in società con il pittore Demos Bonini, la bottega “Febo”, dove i due eseguono caricature di villeggianti. per promuovere i film, il gestore del cinema Fulgor gli commissiona i ritratti dei divi.
Fin dai primi mesi del ’38 avvia una collaborazione con la “Domenica del Corriere”, che ospita varie sue vignette, e con il settimanale umoristico fiorentino “420”. Trasferitosi a Roma nel gennaio ’39 con il pretesto di iscriversi a giurisprudenza, entra nella redazione del “Marc’Aurelio”, un diffuso periodico satirico, diventando popolare attraverso centinaia di interventi a firma Federico.
Frequenta gli ambienti dell’avanspettacolo, scrivendo monologhi per il comico Aldo Fabrizi, e collabora alle trasmissioni di varietà della radio dove incontra la giovane attrice Giulietta Masina (1921-1994), che sposerà il 30 ottobre ’43. Avranno soltanto un figlio, morto a un mese dalla nascita. Partecipando ai copioni dei film di Fabrizi e di altri il riminese si impone presto come sceneggiatore.
Lavora a Roma città aperta e subito dopo a Paisà stringendo una feconda amicizia con Roberto Rossellini. Sceglie di associarsi con il commediografo Tullio Pinelli, al quale resterà per sempre legato. In coppia diventano fra gli sceneggiatori più richiesti, al servizio di vari registi tra i quali Pietro Germi e Alberto Lattuada. Quest’ultimo lo vuole accanto nella regìa di Luci del varietà (1950), che si autoproducono uscendo dall’impresa pieni di debiti.
Va male anche il primo film che Fellini dirige da solo, Lo sceicco bianco (1952), ma il successo arriva con I vitelloni (1953), Leone d’argento a Venezia e lancio definitivo di Alberto Sordi. Segue La strada (1954), interpretato da Giulietta e premiato con l’Oscar, soltanto la prima di una serie di pellicole che collocheranno Fellini fra i grandi del cinema.
Tra i titoli più noti si ricordano Le notti di Cabiria (’57, altro Oscar), La dolce vita (’60, Palma d’oro a Cannes), 8½ (’63, Oscar) Fellini Satyricon (’69), Roma (’72), Amarcord (’73, Oscar), Il Casanova (’76), Prova d’orchestra (’79), Ginger e Fred (’85), Intervista (’87, premio del Quarantennale a Cannes, Gran premio a Mosca), La voce della luna (’90).
L’iter felliniano è costellato di omaggi e riconoscimenti, inclusi la Legion d’onore (’84) e il Praemium dell’Imperatore del Giappone (’90). Fellini è uno dei registi che ha vinto più Oscar, cinque, di cui l’ultimo, alla carriera, nel ’93 pochi mesi prima della morte che avviene a Roma il 31 ottobre provocando un immenso cordoglio in tutto il mondo.
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