L’equipe chirurgica composta dal Prof. Alessandro Puzziello Direttore dell’UOC di Chirurgia Generale e il dott. Maurilio D’Andrea dell’Ospedale Mauriziano di Torino hanno trattato i tre pazienti mediante la “termo ablazione”, una tecnica che si è sviluppata in questi ultimi anni e che ha raggiunto ottimi livelli di efficienza e sicurezza.
Senza necessità di anestesia, un ago che emette radioonde viene introdotto nel nodulo riscaldandolo fino a carbonizzarlo. Il trattamento dura circa mezz’ora, è indolore e non richiede anestesia, non lascia cicatrici, il paziente non deve rimanere ricoverato e soprattutto non si rende necessaria una terapia sostitutiva con ormoni tiroidei per tutta la vita.
I noduli benigni della tiroide sono estremamente frequenti non necessitano di trattamenti chirurgici a meno che le loro notevoli dimensioni non producano un fastidio alla deglutizione o alla respirazione o provochino inestetismi. In questi casi, prima dell’introduzione di questa metodica, l’unica opzione disponibile era la chirurgia convenzionale con anestesia, ricovero, rischi operatori e con la necessità poi di eseguire una terapia con ormoni tiroidei tutta la vita.
In molti casi la chirurgia appare eccessiva e i pazienti rinviano il trattamento o convivono con il loro problema. Una volta stabilito con l’agoaspirato che il nodulo è benigno, il paziente e il medico valutano l’opportunità e la possibilità di eseguire la termo ablazione.
Questa tecnica non è nuova ma ha recentemente subito dei notevoli progressi legati soprattutto alle nuove tecnologie. Originariamente ideata per rimuovere tumori epatici in pazienti non operabili, utilizzava una sonda che emetteva un raggio laser. Con l’introduzione delle sonde a radiofrequenza, la tecnica è diventata più sicura e affidabile perché consentono di monitorare con precisione la quantità di energia erogata e possono essere trattati con una sola seduta noduli fino a 5 cm di diametro.
Finito il trattamento il paziente viene dimesso senza bisogno di ricovero e nel giro di pochi mesi il nodulo si rimpicciolisce fino a raggiungere il 15% del volume originario. La tecnica è applicabile anche ai tumori tiroidei o alle metastasi linfonodali del collo in quei soggetti che per motivi clinici o anestesiologici non possono essere operati.
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