L’imposta prevista per tali tipologie è di 10 euro per ettolitro per i prodotti finiti e in 0,25 euro per chilogrammo per i prodotti predisposti a essere utilizzati previa diluizione.
Il fondamento economico di tale tassa – a carico del soggetto produttore – è quello di correggere gli effetti negativi dovuti al sovra-consumo di prodotti alimentari a elevata densità energetica e ricchi in zucchero, che generano costi sanitari per la società imputabili alla diagnosi e alla cura di patologie quali obesità e diabete. I consumatori non in grado di limitare l’assunzione di una bevanda zuccherata, potrebbero beneficiare di un sistema di tassazione che li aiuta a ridurne il consumo.
Tuttavia, l’attuale formulazione della sugar tax italiana, pur se nobilitata dallo scopo di finanziare scuola ed istruzione in generale, scontenterebbe un po’ tutti, anche perché sembrerebbe che, al di là delle motivazioni addotte e delle molteplici interpretazioni date, punti precipuamente a far cassa.
Le aziende produttrici non nascondono forte preoccupazione; per molte, una simile tassa rappresenterebbe un colpo ferale all’intero sistema, segnatamente nel Mezzogiorno. Si pensi, ad esempio, ad una importante azienda campana, la IBG – produttrice e distributrice per il Sud, fra l’altro, dei prodotti Pepsi e delle storiche bevande Neri in Italia e all’estero – che non attinge a finanziamenti pubblici, né ad ammortizzatori sociali.
Se il Governo approvasse la Sugar Tax così com’è concepita, dovrebbe sostenere un esborso di 15milioni di euro. Non è difficile immaginare quali riverberi, dalla filiera al consumatore finale, un simile costo sortirebbe.
È evidente che un simile provvedimento non possa più fare retromarcia, ma da quanto emerge, si rende necessario apportare dei correttivi. Va assolutamente salvaguardata la salute del cittadino, ma vanno altresì tutelati lavoratori ed imprese, che nel settore, rappresentano una fetta importante per la economia del Paese. C’è il rischio concreto che in questa battaglia a risultare “superflui” non siano solo gli zuccheri, ma anche migliaia di posti di lavoro.
di Tony Ardito
Commenta