In mostra scarpe, amuleti, corni apotropaici e itinerari di viaggi mai intrapresi realizzati da: Carla Accardi, Italo Antico, Renato Barisani, Mario Benedetti, Tomaso Binga, Remo Brindisi, Giuliana Bocchi, Clara Bonfiglio, Angelo Casciello, Angelo Cassi, Marisa Castaldi, Alik Cavaliere, Carmine Cerbone, Claudio Cintoli, Giuliano Collina, Giovanni Colombo, Mimmo Conenna, Enzo Cucchi, Riccardo Dalisi, Silvio D’Antonio, Giovanni De Caro, Lucio Del Pezzo, Crescenzo Del Vecchio, Giulio De Mitri, Teo De Palma, Fabio De Poli, Bruno Di Bello, Giuseppe Di Muro, Marco Fusco, Omar Galliani, Gaetano Grillo, Gruppo Istituto d’Arte di Cantù, Pietro Lista, Emilio Isgrò, Ki Ono, Ugo La Pietra, Salvatore Liguori, Lunardon-De Chirico, Franco Marrocco, Pino Mascia, Sergio Monari, Ignazio Moncada, Giuseppe Menta, Aldo Mondino, Ugo Nespolo, Angela Occhipinti, Annibale Oste, Arturo Pagano, Urano Palma, Antonio Paradiso, Elio Parisi, Ico Parisi, Marco Pellizzola, Pino Pinelli, Stefano Pizzi, Fabrizio Plessi, PlumCake, Giuseppe Rescigno, Angelomichele Risi, Mimmo Rotella, Michelangelo Salvatore, Nicola Salvatore, Armando Sanna, Luis Seiwald, Francesco Somaini, Aldo Spoldi, Mauro Staccioli, Emilio Tadini, Valeriano Trubbiani, Luigi Vollaro.
“Una mostra lontana dagli abituali allestimenti – osserva Gianfranco Valiante sindaco di Baronissi – che non si pone come oggetti d’arte da ammirare, bensì come punti di domanda. Siamo, oramai da tempo, abituati alle novità che, il nostro Museo-FRaC, ha proposto e continuerà a proporre come prassi di un dialogo con la comunità all’interno di un dibattito nazionale.
Questa esposizione mi fa felice perché svela il senso più immediato del lavoro che un artista compie, a volte sul filo dell’ironia, come la serie delle scarpe o dei corni, oppure lasciandoci riflettere sui felici o noiosi tempi di una giornata. Una meraviglia ed un sorriso che si vanno ad aggiungere alla meraviglia delle ‘Luci dell’Irno’ che riempie di futuro il presente”.
Sono oggetti creativi che “spostano l’attenzione – rileva Massimo Bignardi nel testo introduttivo al catalogo – al di là del dato oggettivo e delle funzioni che rispondono a ritualità quotidiane, per avviare una riflessione da parte del pubblico, facendogli porre delle domande su cosa siano, quale sia la loro effettiva identità o, anche, su come intreccino relazioni che specchiano altre identità.
Così è per la serie di scarpe, da sempre oggetti carichi di una forza seduttiva, così per il repertorio di oggetti e di forme plasmate che reinterpreta quel sistema simbolico di ritualità contro il malefico.
Altrettanto per l’indimenticabile ‘orario ferroviario’, compagno di tanti treni presi oppure lasciati andare, di viaggi progettati stando seduti in poltrona e rimasti tali. Pagine che, tra il 1978 e il 1982, hanno accolto scritture dell’automatismo, indecifrabili segni proiezione di un tempo d’attesa, in alcuni casi affidate a reiterate immagini.
È una raccolta, con opere provenienti da collezioni private, di scarpe, amuleti, oggetti apotropaici e fogli di un immaginifico “diario” strappati da vecchi orari ferroviari, che non ci conducono all’oggetto, alla sua funzione, bensì ad un contatto altro, disposto al di là delle pareti trasparenti delle forme. “Qui – avrebbe detto Wittgenstein – il principio è quello della personificazione”. […]
Le scarpe proposte in questa mostra realizzate in occasione di “Milano poesia”, tenutasi alla Rotonda della Besana a Milano nel 1988, non sono oggetti che vanno incontro al design, anzi lo esasperano a tal punto da rendere improbabile qualsiasi tentativo di adozione.
“[…] Un dio oggetto assunto come amuleto contro il ‘maligno’, veste, in più di un caso, di simbolico forme preesistenti, affidandole così all’immaginazione. È il corpo opaco del nutrito repertorio di corni apotropaici raccolti, sul finire del secolo scorso dall’Associazione Arte e Apotropia che in quegli anni aveva sede a Como, oggi riproposto, in misura ridotta in questa mostra, dopo la prima loro esposizione che proposi nel 2001a Napoli presso lo spazio Agorà.[…]”.
Una selezione – continua Bignardi – “di oggetti/opere di artisti quali che offre la misura di quanto la creatività contemporanea abbia, al di là dei territori linguistici, una sua vitalità di corpo propiziatorio, elevato contro il sortilegio, le ombre del malefico (che non è solo il negativo) celato dalle figure della quotidianità. […]
Fermando l’attenzione sulla texture, ossia il fitto susseguirsi di fasce, in verticale e in orizzontale, di numeri che indicano gli orari di arrivo e di partenza dei treni, si riesce a comprendere le implicazioni memoriali che hanno spinto gli artisti qui proposti ad intervenire, con propri segni, all’interno di tali mappe.[…] Come definirli? Segni scrittografici apparentati alle scritture proprie dell’automatismo psichico surrealista?
Oppure esercizi autoreferenziali, in quanto rimandano ad una riconoscibile cifra del lavoro di ciascuno dei trenta artisti qui proposti? Infine: quanto ha inciso, se ha inciso, il carattere di divertissement, ossia di esperienza gioiosa? […] Pensare al viaggio per gli artisti che compaiono sulla scena nel corso degli anni settanta, poteva significare – penso per una buona parte significhi ancora oggi – richiamare il quotidiano ‘viaggio’ da pendolari, a volte interminabile.
Con l’ironia, certamente, Nicola Salvatore sollecitava nei ‘colleghi di viaggio’, l’idea di scivolare con lo sguardo nella mappa tracciata da numeri consecutivi, in pratica di lasciarsi nella geografia del caos, ove primeggiano numeri piccolissimi elencati uno dietro l’altro, reimpaginati con sottolineature o con evidenziazioni, a matita o con la biro, riferibili ai cambi, alle coincidenze o quanto altro ritmava il tempo dei percorsi. […]”.
La mostra resterà aperta fino a domenica 23 febbraio 2020.
Accompagna la mostra il catalogo OBJETS RITUELS. Scarpe, amuleti e viaggi con testi del curatore, di Paolo Berti, Valeria Palleschi, Fabrizio Perrone, Pasquale Ruocco e Maria Carmela Viviano pubblicato da Gutenberg Edizioni.
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