Il libro mi offre l’analisi delle “prime volte nella storia dell’arte”, in altre parole racconta gli intuiti degli uomini che hanno cambiato la storia.
La lettura sollecita i ricordi di libri già letti, di viaggi mai conclusi, di sogni inseguiti, di emozioni sedimentate e stimola similitudini, differenze, interpretazioni.
La Storia dell’arte, scrive Gombrich, non è la storia del progressivo perfezionamento tecnico, bensì del mutamento dei criteri e delle esigenze.
Non avevo mai considerato che le opere del lontano passato, anche le pitture, fossero state sempre create con scopi di convenienza, mai con l’intento di creare emozioni.
Le Piramidi, per esempio, non furono concepite per essere ammirate, avevano il compito di “mantenere in vita” chi vi sarebbe stato sepolto. Il primo grande cambiamento nella storia dell’arte si ha proprio quando l’artista inizia ad avvertire la necessità di suscitare emozioni, a prescindere dall’utilità dell’opera.
Le Piramidi mi riportano indietro negli anni… L’aereo, decollato da Monbasa era diretto a Roma. Neanche per un momento staccai gli occhi dal finestrino, godendo dell’Africa che scorreva sotto di me. Il cuore prese a battere forte quando capii che stavamo per sorvolare “Il Cairo”.
Le vidi dall’alto, sulla linea che divide il deserto dalla città immensa. Non mi chiesi perché fossero state costruite, mentre trattenevo il respiro e il cuore continuava a correre. Con gli occhi umidi rimasi ad osservarle finché potei, ricordando quel mattino in cui le visitai per la prima volta, avevo un jeans, una camicia gialla e poco più di vent’anni.
L’arte egizia non si basava su ciò che l’artista poteva esplorare in un dato momento ma ricavava le sue figure dai modelli che gli erano stati insegnati e li riproduceva con regole precise. Per questi motivi, in tremila anni, è mutata pochissimo.
Gli antichi papiri mi condussero con la mente ai i musei egizi che ho visitato nel corso della mia vita: Giza, Torino, le vaste aree del Metropolitan e del British, del Brooklyn Museum of Art, poi nella mia mente si forma lentamente l’immagine del busto di Nefertiti, la stupenda statua calcarea, rinvenuta ad Amarna, ammirata al museo Egizio di Berlino. Acquistai un poster del busto che da anni è collocato alla parete, alla sinistra della mia scrivania, nel mio studio in Ospedale.
Mentre gli egizi avevano basato la loro arte su ciò che si sapeva, i greci incominciarono a servirsi dei loro occhi e gli artisti nel 500 a.c., all’improvviso, osarono dipingere, per la prima volta nella storia, un piede visto di fronte. Nelle migliaia di opere egizie e assire giunte fino a noi niente del genere era mai avvenuto (sembra impossibile, ma è così).
Quel piede rappresentava la più grande di tutte le conquiste: lo scorcio. Quel particolare, che probabilmente non avrei notato e di cui sicuramente non avrei capito l’importanza ce lo fece osservare, in un piovoso pomeriggio di tanti anni fa, la guida, dipinto su un vaso, nel museo Antikekensammlungen und glyptothek di Monaco.
Andando alla ricerca delle prime volte mi vengono in mente i farmaci che riducono la colesterolemia, che hanno anch’essi cambiato la storia essendo in grado di ridurre notevolmente il rischio cardiovascolare. I primi veramente efficaci furono le statine.
Un trial, pubblicato nel 1994, aveva dimostrato che era possibile diminuire in modo concreto i valori del colesterolo-LDL (colesterolo cattivo) e tale riduzione correlava con il calo degli eventi cardiovascolari. Successivamente l’ezetimibe ha dimostrato che, associato alle statine, era in grado di ridurre ulteriormente i valori di colesterolo e gli eventi cardiovascolari.
Più recentemente gli antiPCSK9 ci hanno consentito di portare i livelli di colesterolo-LDL a valori molto bassi con una ulteriore riduzione di eventi avversi, il tutto con scarsissimi effetti collaterali; eppure, nonostante tutte queste evidenze positive, so che qualcuno di voi sta pensano ai dolori muscolari…
Lascio gli ipolipidemizzanti e, sfogliando il libro di Gombrich, mi soffermo ad ammirare la riproduzione di alcune immagini affrescate da Giotto nella cappella degli Scrovegni a Padova. Anche se in fondo non c’è mai una netta linea d’ombra che demarchi un periodo da un altro, questi affreschi sono l’esaltazione della nuova tecnica che si andava concretizzando in quegli anni.
Giotto aveva scoperto l’arte di creare, su una superficie piatta, l’illusione della profondità. Dopo Giotto inizia un capitolo completamente nuovo della storia dell’arte che da lui in poi, dapprima in Italia e poi negli altri paesi, è la storia dei grandi artisti.
Riprendo la lettura, sto per iniziare un nuovo capitolo: “La conquista della realtà, il primo quattrocento”.
Faccio un respiro profondo, mi allontano ancora una volta da ciò che mi circonda e con la mente vado a Firenze, sono gli inizi del quattrocento, mi muovo per i vicoli, ammiro ogni cosa. So di incontrare, prima o poi, Donatello o Brunelleschi, Masaccio o Botticelli. Mi mostreranno le loro opere e, ne sono certo, mi emozionerò ancora… come la prima volta…
di Vincenzo Capuano
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