Piazza Tienanmen (di Vincenzo Capuano)

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In questi giorni, come non andare ai ricordi di Piazza Tienanmen.

Era il 1989. Io, giovane ingegnere, ero a Pechino da qualche anno per contribuire all’apertura di una fabbrica. Lì conobbi J & J, lo chiamavo così perché aveva un nome impronunciabile che iniziava con la J e amava il Jazz in maniera smisurata.

Stringemmo un’amicizia unica. Trascorrevamo serate intere a parlare; non mi stancavo mai di ascoltarlo suonare, mi perdevo per ore ad inseguire le note che sprigionava con il suo sassofono.

Amava Charlei Parker e i colori di Paul Klee, amava leggere, amava Pechino con tutte le sue discordanze, amava la sua gente, amava la vita.  Sognava la democrazia e la libertà assoluta.

Fu un periodo sereno e indimenticabile della nostra vita. Poi… man mano, crebbe la tensione, la protesta giovanile. Si iniziò a respirare un’aria di tensione e paura, paura che potesse accadere l’irreparabile. Io fui richiamato perentoriamente in Italia; obbedii tra tanti dubbi.

E venne quel giorno…

Avanzava sicuro tra la folla. Il sassofono stretto tra le mani. Con lui migliaia di giovani, senza paura. Chiazze di sangue sotto i loro piedi. Avanzava sicuro. Qualcuno lo urtò con violenza: il sassofono cadde. La folla lo calpestò. J & J lo vide scomparire, non accennò ad una smorfia.

Avvenne tutto in un attimo: si fece strada tra la gente e si ritrovò solo. Mentre le immagini si dissolvevano, nella Grande Piazza, i carri armati avanzavano. Non ebbe esitazioni, andò verso di loro, con passo lento, ma deciso. Calò un silenzio di tomba. I cingoli degli autoarticolati stavano per schiacciarlo. Sarebbe ritornato alla terra, polvere tra la polvere.

Il carro armato si arrestò. Silenzio. Tutta la fila di carri armati si fermò.  Silenzio.

Fu un attimo, un istante, ma sarebbe durato per sempre: né i massacri, né il tempo lo avrebbero più cancellato.

Nella vita persegui degli obiettivi e per essi ti impegni, combatti, fai sacrifici, programmi, stringi i denti. Poi giunge il tempo in cui devi decidere. Devi decidere in un baleno e la gente ti ricorderà per la decisione presa in quell’attimo, per la tua impresa durata pochi secondi, ed è l’attimo che conta non la vita intera.

Lo vidi in televisione il mio amico. Rimasi paralizzato davanti al video, mentre le immagini si inseguivano. Il cuore mi scoppiò in petto, le lacrime mi rigarono il volto e mi riscaldarono l’anima. Lui da solo, così fragile ai miei occhi, davanti ad un nugolo di carri armati. Avevano arrestato la loro marcia per lui, onorando il suo coraggio.

Cercai di scrivergli, di telefonargli. Fu inutile.

Questa sera, seduto su un masso, mentre il cielo pieno di stelle copre ogni cosa, inspiro profondamente e dischiudo la busta che J & J mi ha consegnato accompagnandomi all’aeroporto, raccomandandomi di aprirla solo in Italia.

Sul foglio giallo sbiadito c’è scritto, con inchiostro nero: “Un regalo semplice per un amico immenso”, poi, dipinto con color oro, un sassofono circondato da stelle blu. Sotto il disegno, la frase di uno scrittore asiatico: “Un vero guerriero sa guardare in faccia la tristezza della vita e vedere il sangue che da essa cola”. Lu Xun.

La parola “guerriero” J & J l’aveva cancellata con un tratto deciso di penna. Al suo posto aveva scritto: “uomo”. Sempre con inchiostro scuro aveva aggiunto: “Non tocca agli ‘uomini veri’ decidere il momento della lotta, ma essi sanno riconoscere l’impossibilità della pace”.

Al centro del foglio, con caratteri più grandi:

“Non essere triste se siamo lontani, lo spazio non esiste. Vivrò dentro di te e brillerò in te come una stella nel cielo d’Asia. Potrai parlarmi ed ascoltarmi, quando vorrai, come l’ultima sera insieme, e nessun uomo e nessuna dittatura potranno mai cancellare in noi la libertà e l’amicizia.

Il mio regalo per Te è un soffio di vento nella storia infinita. Ti regalo l’anno 1989.  L’anno più bello per la Tua Europa, una grande promessa per la mia Asia.

J & J”.

In questa notte tutti gli uomini che sanno ascoltare le stelle e parlare con la luna vedono nel blu immagini di storia infinita. Vedono crollare un muro e ballare gente su quel muro, vedono un uomo parlare di “perestrojka”, vedono popoli riconquistare la loro terra, vedono dittature sciogliersi come neve al sole e disperdersi.

In questa notte tutti gli uomini seduti su un sasso, su tutti i sassi dell’universo, guardano il cielo e vi scoprono una nuova stella. Affidano, al vento, una carezza, perché possa raggiungere quella nuova luce, e, protesi a spiare l’universo, in questa notte quieta, sentono giungere da lontano, da molto lontano, una musica soave. È jazz.

Dal mio romanzo “Addio Tienanmen” edizioni Marlin.

di Vincenzo Capuano

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