Il programma europeo scelto dallo Czar ha spaziato dall’Italia di Rossini e quella vista da Mendelssohn, la Francia di Debussy per finire con la grande tradizione russa di Prokofiev. Ad aprire il concerto è l’Ouverture de “La cenerentola” di Rossini e già dalle prime note la maestosità del suono della Mariinsky, nonostante l’organico ridotto imposto dalle norme sul distanziamento, impressiona.
Le mani di Gergiev si librano nell’aria con il solito piglio e dirigono a memoria la “sua” orchestra. Gli bastano poche battute per annodare quel magico feeling con ogni singolo orchestrale e restituire quel prodigio che si chiama Musica.
Le note scorrono in un crescendo di coinvolgimento con il pubblico di Ravello, rapito da cotanta perfezione.
Poi c’è il Prélude a l’après-midi d’un faune, tra i primi capolavori di Claude Debussy, breve composizione dallo spiccato edonismo sonoro e la Sinfonia n. 1 in re maggiore di Prokofiev nella quale Gergiev torna nel suo terreno più congeniale. A chiudere il concerto una Sinfonia “Italiana” di Mendelssohn che sarà difficile riascoltare a queste latitudini.
Una particolare menzione merita il pubblico di Ravello che è riuscito in un’impresa non semplice, strappare a Gergiev ben tre bis: oltre all’Ouverture de “La Cenerentola”, la Scozzese e Sogno d’una notte di mezza estate di Mendelssohn. Il maestro russo, davvero generoso, ha regalato un concerto che sarà difficile dimenticare. Applausi.
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