Secondo gli scienziati che hanno studiato i casi di Covid-19 a livello di Stati e contee negli Stati Uniti d’America, ma anche di regioni e Paesi del mondo, la temperatura esterna è risultata, secondo gli studiosi, un fattore “non influente”.
Il report, infatti, che ha analizzato i valori combinati dell’umidità e della temperatura dell’aria, conclude che incidono su una scala di rilevanza per meno del 3%. Il più alto fattore che contribuisce alla crescita della pandemia è l’indice della mobilità, legato ai viaggi e che sarebbe rilevante per il 34,32%, seguito dalla vita trascorsa lontana dalla famiglia (per il 26,14%), dai dati di popolazione di una data zona (28,86%) e dalla densità abitativa urbana (13,03%).
Nella conclusione, secondo i risultati a cui sono giunti i ricercatori dell’Università del Texas dello studio, i ricercatori spiegano come “non sia stata trovata alcuna prova convincente” per includere il freddo o il caldo come tra i responsabili “della diffusione di Covid-19”.
“Non dovremmo pensare al problema come a qualcosa determinato dal clima, ha commentato Sajad Jamshidi, ricercatore della Purdue University che ha partecipato al lavoro, dobbiamo prendere precauzioni personali ed essere consapevoli dei fattori di esposizione urbana”.
Lo studio, evidenzia Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, è stato pubblicato sull’International Journal of Environmental Research and Public Health.
Concludendo, tutto quello che si dice che in autunno ed inverno è più aggressivo, non è vero? Mah non si capisci più niente, oltretutto, va evidenziato che all’aperto, caldo o freddo, se uno non sta proprio a stretto contatto dubito che becca il COVID, cè una possibilità , ma è molta remota