Era già sera con una luna piena grande come una casa. Faceva appena appena freddo. Il sibilo arrivò all’improvviso, diventò un tuono, mentre la terra si scosse, scattò verso l’alto. Un sussulto, un secondo sussulto. Se ne andò la luce. Tutto ballava, si agitava in modo sconquassato, come in un frullatore…
La scossa di magnitudo 6,9 sulla scala Richter partì da 30 chilometri di profondità, stravolse l’Irpinia e il Vulture, stritolò al suo passaggio un’area da Avellino a Salerno, scosse tutta Napoli e strapazzò Potenza. Un minuto e ventinove secondi ma quando smette resta la devastazione.
Case che sono solo macerie, 2.914 morti, 8.848 feriti, 280.000 sfollati. Un minuto e ventinove secondi ma di Sant’Angelo dei Lombardi, Lioni, Torella dei Lombardi, Conza della Campania, Teora, Laviano, Baronissi ed altri 29 comuni non rimase più nulla. Crollarono presepi dell’Appennino e casermoni malfatti delle periferie: a Napoli, in Via Stadera, nel quartiere di Poggioreale la scossa inghiottì un palazzo: 52 morti; a Balvano il terremoto non si fermò davanti alla messa che si sta celebrando nella chiesa di S.Maria Assunta.
Non si fermò e schiacciò 77 persone, 66 sono bambini e ragazzini che stanno pregando. Una tragedia immane, subito evidente agli occhi dei primi soccorritori partiti nella notte per paesi irraggiungibili. Solo a Roma non capirono, infatti la Protezione civile nacque in seguito, figlia di quelle macerie. Fate presto titolò il Mattino, un urlo dal fango che impressionò il mondo intero.
Dei 679 comuni che costituivano le otto province di Avellino, Benevento, Caserta, Matera, Napoli, Potenza, Salerno e Foggia cui passa addosso il sisma, ben 506, il 74%, sono danneggiati. Poi, dopo aver contato i morti, inizia la conta dei danni.
Due intere regioni, la Campania e la Basilicata, e un pezzetto di una terza, la Puglia, risultarono «terremotate»: in totale i comuni ammessi alle provvidenze sono stati 687. Il groviglio inestricabile di leggi e leggine che a vario titolo hanno regolamentato l’opera di ricostruzione ha oggettivamente favorito una richiesta di investimenti sproporzionata alla realtà dei fatti: trentadue provvedimenti legislativi ad hoc… per l’equivalente di 30 miliardi di euro.
Una cifra riferita a stime del 1980 che se prova a fare i conti con l’inflazione alza e di molto gli effetti economici. Per quelli umani c’è gente che ancora piange… a distanza di 38 anni da quella sciagurata notte.
Dopo 40 anni la paura non si dimentica. Il terremoto che nel 1980 ha colpito tanti paesi del Salernitano non si allontana dai pensieri e alla domanda “Cosa ricordi di quel giorno?”, le lacrime delle persone ritornano agli occhi.
Interminabili quegli ottanta secondi da incubo.
A Salerno, il Modernissimo a Pastena e il Capitol al Corso erano i cinema più accorsati per trascorrere due ore insieme all’ultimo film di Paolo Villaggio con le avventure del ragionier Fantozzi. Molti infatti erano al cinema al momento della scossa. Ma quel giorno si concluse diversamente.
Persone anche in pigiama si ritrovarono per strada mentre le urla aumentavano sempre più. Il primo pensiero di molti fu quello di raggiungere il mare così da avere quella sicurezza che dà il fatto di essere lontani da edifici che da un momento all’altro sarebbero potuti cadere.
Era la spiaggia di Santa Teresa la meta, la zona più ambita per sentirsi al sicuro anche se la situazione di sicuro non aveva nulla. Tutto buio e le persone prese dal panico rischiavano anche di perdersi. In tanti trovarono riparo nello stadio Vestuti all’interno dell’impianto di piazza Casalbore sul terreno di gioco c’erano centinaia di auto con dentro intere famiglie che non avevano più una casa.
All’alba si iniziò a delinare la gravità di quanto accaduto e come il terremoto avesse distrutto località anche lontane da Salerno come l’Alto Sele: Laviano, Colliano, Santomenna e Castelnuovo di Conza erano state fortemente danneggiate. Erano crollate le case dei contadini e tutte le altre abitazioni che non rispettavano le norme sismiche.
Non c’era una rete di soccorsi adeguata a dare risposte di fronte a una catastrofe del genere, non si era preparati ai tanti morti e ai feriti da soccorrere in quella che da molti è stata definita “la notte che trema”.
Ero per strada e più precisamente sul viadotto Gatto,che all’epoca non era stato ancora completato e per questo motivo era un posto dove le coppiette andavano a cercare un pò di intimità.All’improvviso l’auto iniziò a sobbalzare in modo violento e molti di noi scesero dalle auto per capire cosa stesse succedendo, e quando capimmo che era stata una scossa di terremoto iniziammo a fuggire dal viadotto. Mi ricordo che quando arrivammo nel centro abitato tante persone si erano riversate in strada chi in accappatoio.chi in pigiama,insomma come si trovavano in quel momento in casa e allora capiì che era una cosa seria.