Mentre spara a salve, nel video girato con un cellulare la notte del 31 dicembre si sente Iaccarino che dice: “Non è una barzelletta”. Dopo i primi 4 colpi il politico simula ancora gli spari. La pistola si inceppa e si sente la voce di un ragazzino che lo incita a sparare di nuovo: “Spara, spara ancora. C’è un altro colpo”. Poi parte un quinto colpo.
In un primo momento era circolata solo una parte del video, in cui a sparare era il figlio 16enne di Iaccarino. In quel caso il politico aveva stigmatizzato l’accaduto, parlando di “una bravata che non andava assolutamente fatta”. E si era giustificato così: “Non siamo genitori incoscienti. Ingenuamente gli ho dato il consenso di utilizzare la pistola a salve con tappo rosso, legalmente acquistabile, proprio per evitare che scendesse in strada a sparare i botti di Capodanno”.
Poi, però, al centro delle polemiche è finito lui in prima persona. E sono arrivate le dimissioni. “Come noto – ha scritto Iaccarino al sindaco di Foggia – uno scampolo della mia vita privata è diventato, mio malgrado, di pubblico dominio. Ciò ha leso la mia immagine pubblica (che è stata sempre ineccepibile) e l’istituzione che rappresento. E’ superfluo evidenziare che sono del tutto consapevole che in una città ostaggio della mafia, in cui le pistole sparano per uccidere, è doveroso evitarne qualsiasi utilizzo, per il forte disvalore simbolico che esse rappresentano”.
“Devo anteporre l’interesse dell’Istituzione che rappresento e della intera città, che per mia responsabilità si trova negativamente al centro della cronaca, e pertanto compiere un gesto per me doloroso ma inevitabile. Rassegno, pertanto, le mie dimissioni dalla presidenza dell’assise comunale”, ha concluso.
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